Ci sono alcune domande a cui è difficile dare una risposta. Una di queste è certamente quella che riguarda lo stato di salute e di sicurezza dello stadio Flaminio. Incassato tra viale Tiziano e corso Francia, il secondo impianto sportivo polivalente di Roma è lì fermo e ormai sembra quasi che nessuno si accorga più della sua presenza. Si tratta del secondo impianto sportivo della Capitale per capienza dopo l’Olimpico e fu voluto da Antonio Nervi e il padre Pier Luigi per le Olimpiadi del 1960. Costruito al posto dello stadio Nazionale, che era stato dedicato alla squadra del Grande Torino, i lavori per il Flaminio durarono un anno e poco più e costò circa 900 milioni di lire dell’epoca.
Oltre al rettangolo verde vi erano una piscina coperta, lunga 25 metri e larga 10; e cinque palestre per pugilato, ginnastica e atletica pesante ma quello che rende il Flaminio una struttura unica è il suo amalgamarsi nel tessuto cittadino come una struttura qualsiasi: tra il PalaTiziano e l’Auditorium Parco della Musica si erge questa costruzione che per tanto, troppo tempo è stata dimenticata dalla politica e dal mondo dello sport ed è diventata lo specchio di incuria e di promesse tradite.
Oggi sono precisamente 60 anni dall’inaugurazione del Flaminio, che venne festeggiata con un incontro amichevole tra le rappresentative dilettantistiche calcistiche di Italia e Paesi Bassi e fu trasmesso in diretta televisiva con la telecronaca del mitico Nicolò Carosio ma, certamente, questo impianto ha vissuto tempi migliori. (…)
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