L’intreccio tra Marcello De Vito e Luca Parnasi inizia un paio di chilometri fuori dal Grande Raccordo Anulare. Sulla via Ardeatina. Dove l’Agro romano fa spazio alle villette. Lontano dalla città. Dalle luci del centro. E dagli occhi indiscreti. Il primo passo lo fa il costruttore, con una terza persona che chiameremo Fabio: «Ma tu lo conosci De Vito? Perché non facciamo una cena da te?», chiede Parnasi.
Il fidato amico si mette in moto. E a metà aprile organizza un banchetto nella villetta. Parnasi si presenta con un prosciutto intero, sei bottiglie di rosso e olio della sua tenuta in Umbria. De Vito con sei bignè. I due durante la cena si studiano. Si annusano e alla fine si trova l’aggancio. La portata principale della cena è lo stadio della Roma. Da un lato chi deve realizzarlo. Dall’altro chi può indirizzare a livello di tempi le delibere in Aula.
De Vito fa capire subito il suo ruolo. Parnasi comprende. A fine della cena i due si scambiano i cellulari: l’aggancio è riuscito. Nei giorni successivi gli investigatori conteranno 48 chiamate e 55 sms in 12 giorni. Giorni roventi. Perché in Aula si discute l’iter per il pubblico interesse al progetto. Senza il quale la casa dei giallorossi sarebbe rimasto solo un sogno su carta millimetrata.
Secondo la Procura De Vito è legato al costruttore romano, il quale gli aveva promesso il pagamento di 95.000 euro, non solo per lo Stadio della Roma ma anche per l’ex Fiera di Roma. Nel primo caso il politico del Movimento 5 Stelle è intervenuto attivamente, mettendo la sua figura a favore di Parnasi. E tutto questo è nato davanti a un piatto di fettuccine. Brindando ai futuri affari con il vino di casa Parnasi. Ora il prosciutto di Parnasi è davvero arrivato all’osso.