A chiarire definitivamente come leggere i fatti accaduti nella giornata di ieri ci hanno pensato il procuratore Paolo Ielo e il vicepresidente giallorosso Mauro Baldissoni. Perché dopo una giornata di pessimismo cosmico (forse sarebbe meglio definirlo “astrale”) sulle sorti del futuro impianto della Roma, con i più convinti che fosse stata (finalmente?) messa la parola fine al progetto, c’era bisogno di un po’ di concretezza. Perché gli scenari futuri non cambiano, ed anzi vanno rafforzati. Dall’inchiesta la Roma esce, ancora una volta, pulita. E da qui occorre ripartire ancora una volta, cercando di rispettare i tempi. L’arresto di Marcello De Vito pur non avendo conseguenze dirette sulle sorti dello stadio, mette però in imbarazzo e in qualche modo in difficoltà la maggioranza capitolina.
De Vito è sempre stato uomo forte del Movimento 5 Stelle a Roma. Non è solo l’ormai ex Presidente dell’Assemblea di Roma Capitale, è anche l’ex capogruppo del Movimento in Comune (all’epoca della Giunta Marino), è il primo candidato (sconfitto) del Movimento a sindaco della Capitale, è l’uomo che ha sfidato (anche qui perdendo) Virginia Raggi nelle primarie pentastellate, è il fratello di Francesca, consigliera del Movimento alla Regione Lazio eletta alle elezioni dello scorso anno. Insomma è un esponente di primo piano (e della prima ora) del partito guidato da Luigi Di Maio. Immaginare quindi che la maggioranza non esca proprio benissimo dalla vicenda è esercizio fin troppo semplice. Ma proprio nelle pieghe delle lotte interne al Movimento che invece possiamo trovare più di un barlume di luce. Infatti De Vito, come ricordato proprio da Virginia Raggi ieri sera a Porta a Porta, non può essere considerato un amico della prima cittadina. Da molti veniva considerato alternativo alla sindaca, e non è un mistero come nel “clan” di Luca Parnasi si puntasse proprio su di lui come futuro sindaco della città. (…)
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