Fu lui stesso a mettersi nei guai, non fu Luca Parnasi. Il fedelissimo di Virginia Raggi, Daniele Frongia, è stato intercettato dai carabinieri mentre, nell’ufficio del costruttore, gli chiedeva di assumere un’amica in una delle sue società. Cosa che poi, come ammesso dallo stesso Parnasi in un verbale, non andò in porto perché, poco dopo quella conversazione, lui fu arrestato (giugno 2018). Versione che, poi, nel corso di uno dei suoi tanti interrogatori con i magistrati, Parnasi ha minimizzato: ha chiarito di essere stato lui a chiedere a Frongia di segnalargli una persona da mettere a capo delle relazioni istituzionali di Ampersand.
Ma le cose non starebbero cosi. Tanto che il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pubblico ministero Barbara Zuin si convinsero a contestargli la corruzione, seguendo uno schema già utilizzato: lo stesso che aveva portato ai domiciliari, per l’inchiesta sullo stadio, anche l’ex assessore regionale all’Urbanistica, Michele Civita che a Parnasi aveva chiesto di assumere il figlio. Si tratta di un particolare che non cambierà i destini giudiziari dell’assessore 5 Stelle allo Sport. Frongia qualche giorno fa si è autosospeso e ha rimesso le deleghe alla sindaca, aspettando una richiesta di archiviazione che, per il momento, non è ancora arrivata. I suoi legali, giovedì (giorno in cui è rimbalzata la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati), si erano affrettati a precisare che «da informazioni assunte personalmente dalla procura» la richiesta di archiviazione sarebbe stata firmata nel fine settimana, al più tardi lunedì (ieri, ndr).
La dichiarazione dei legali, peraltro, non era stata accolta con favore a piazzale Clodio dove i pm ancora non hanno deciso. A quanto filtra, però, l’orientamento della procura sarebbe quello. Nonostante quell’intercettazione ambientale, infatti, con la richiesta di un’assunzione per un’amica trentenne non andata in porto, in questi mesi non è stato trovato nulla per rafforzare l’ipotesi di corruzione a carico dell’ex vice di Virginia Raggi. Il quale, a sua volta, potrebbe essere costretto ad attendere tempi più lunghi del previsto per rientrare in partita. Sull’altro fronte dell’inchiesta, invece, quello che ha coinvolto il presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito, i carabinieri stanno valutando il materiale acquisito durante le perquisizioni.
I pm, intanto, attendono che il Riesame fissi la data per valutare la richiesta di scarcerazione di alcuni degli indagati, tra i quali anche Camillo Mezzacapo, ex socio di De Vito e, secondo l’accusa, suo collettore di mazzette. Un altro fronte di indagine è quello che riguarda Acea: l’ad Stefano Donnarumma è accusato di corruzione per un giro di sponsorizzazioni che, secondo l’accusa, tramite la società Prime Time Promotions di Simona Scorpio finiva alla società “cassaforte” di De Vito e Mezzacapo, la Mdl Srl. Tra le sponsorizzazioni, ci sarebbero anche quelle dell’azienda energetica.