La notte scura in cui è piombata la Roma ha sciolto il maquillage portato da Ranieri trasformando il trucco in una smorfia. Buio: nonostante i 20 gradi dell’Olimpico assolato, il cielo ieri era azzurro solo per il Napoli che aveva la forza di illuminarlo. L’1-4 ha raccontato che i valori in campo erano più forti delle motivazioni, sempre che la Roma ne abbia ancora: mentre Milik e Mertens, Verdi e persino Younes danzavano sui suoi rimasugli, lei restava inerme, aggrappata al solito rigoretto di Perotti, toreata e sfigurata. Per la prima volta da 6 anni è fuori dalla zona Europa, superata dalla Lazio e pure dall’Atalanta, in un rewind che evoca gli spettri di Luis Enrique e Zeman, gli albori dell’esperienza americana, significandone il fallimento.
Oggi la Roma è un coro di voci discordanti non solo in campo, dove Ranieri dice che «non corriamo, i ragazzi mi hanno detto che si allenavano male», quasi a voler scaricare le responsabilità su chi c’era prima di lui. Pallotta ha chiesto di «tirare fuori le palle perché nessuno ha più alibi», omologandosi al gergo delle radio che detesta. Mentre Totti avviava la guerra di successione a Monchi candidandosi e bocciando chi ha lavorato sino a ora: «Se prenderò posizioni, qualcosa cambierò». Tra 9 giorni ricorrerà l’anniversario della rimonta sul Barcellona che portò la Roma alla semifinale di Champions: un patrimonio dissipato, di credibilità e fedeltà ma pure tecnico. Ranieri, richiamato d’urgenza 25 giorni fa, è già sull’orlo di una crisi di nervi, tra risse, infortuni, un rendimento inaccettabile.
Minacciò di dimettersi già nello spogliatoio di Ferrara, due settimane fa, inquietato dalla arrendevolezza della squadra che ha provato pubblicamente a difendere. Senza un impegno diverso potrebbe pure riprendere quell’idea, mettendo nei guai una società che di richiamare Di Francesco non ha alcuna intenzione. L’ultimo timore di una Roma devastata nello spirito e nel corpo dalla gestione Monchi e poi dalle rivoluzioni e dalle fratture interne che finiscono per complicare non solo il presente ma pure il futuro. Pallotta dagli States accusa, ma a Roma manca da 11 mesi: oggi vorrebbe che i suoi dirigenti gli portassero un allenatore come Conte ma di programmi – budget, cessioni – ancora non ha parlato. E senza Champions sarebbe difficile non solo convincere l’ex ct, ma pure Gattuso (piace tanto) e Sarri, che ha ribadito la priorità di «restar al Chelsea».
Gli interessi del Napoli erano e sono rivolti alla data di mercoledì della prossima settimana: Londra e l’Arsenal, a cui arrivare pronti. Roma ha detto che dal punto di vista della condizione Ancelotti può stare sereno, ma pure che deve fare attenzione a gestire gli uomini, visto che oltre a Insigne, Ghoulam, Albiol ora rischia di perdere pure Mertens, che ha sentito pizzicare il gluteo e preso una botta al ginocchio. Oggi saprà se debba preoccuparsi ma ieri non pareva esserlo mentre festeggiava col pubblico un successo che, a 9 gare dalla fine, mette l’ipoteca sul 2° posto. Aspettando la notte dell’Emirates che vale l’Europa, la stessa che la Roma sente scivolarle via dalle mani.