Ci sono forse più dei tre gol di differenza segnalati dalla partita tra Roma e Napoli e l’amara considerazione dovrà far riflettere tutti i dirigenti che si apprestano a varare l’ennesima rivoluzione, in attesa di capire quale competizione si giocherà il prossimo anno, mentre la Champions scivola sempre più lontano. Impossibile salvare qualcosa o qualcuno tra questa banda di giocatori nervosi e svagati, privi di qualsiasi ambizione, pronti a rimproverarsi uno con l’altro, mai ad assumersi dirette responsabilità e quando lo fanno sbagliano sempre qualcosa, dal primo all’ultimo.
Inevitabile quindi che finisca 4-1 una gara dominata in lungo e in largo dagli azzurri di Ancelotti, in vantaggio con Milik e Mertens all’alba dei due tempi (alla fine del primo Perotti aveva miracolosamente raddrizzato la partita) e poi spietati nel matare il lupo spelacchiato, una banderilla dopo l’altra, prima Verdi e poi Younes, con i giallorossi quasi attoniti, a leccarsi ferite (mentali e muscolari) mai del tutto rimarginate.
Ranieri era stato peraltro costretto a chiedere un sacrificio a De Rossi dopo l’indisponibilità dell’ultimo momento di Zaniolo, fermato dall’ennesimo virus intestinale, ma poi in campo nel tormentato finale. Così nel disegno iniziale Cristante era andato a coprire il ruolo di trequartista centrale immaginato per il biondo talento di Massa, con Daniele e Nzonzi davanti alla difesa, Schick e Perotti larghi a destra e sinistra sul piede debole (proprio come li schierava Di Francesco, ma senza neanche qualche idea almeno nello spartito) e Dzeko centrale. Dietro l’altra sorpresa, con la volontà di Manolas che evidentemente aveva avuto la meglio sulle cautele del tecnico.
Impressionava, al fischio d’avvio, la scarna rappresentanza di riserve in panchina per il Napoli: a causa dell’indisponibilità di Albiol, Diawara, Insigne, Chiriches, Ospina e Ghoulam, Ancelotti ha fatto sedere accanto a sé cinque soli giocatori di movimento, tra cui il 2000 Gaetano. Eppure in campo il Napoli non è sembrato accusare alcun problema, convinto del valore degli undici/tipo comunque mandati in campo e pronti a sfruttare le solite carenze difensive giallorosse che, nel passaggio da Di Francesco a Ranieri non sono certo diminuite, anzi, risaltano di più perché forse è venuta meno la spinta propulsiva della squadra che prima almeno provava sempre ad attaccare. (…)
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