Edin Dzeko non è più un corpo estraneo alla Roma. E’ un giocatore inserito in un disegno tattico ben preciso, che Spalletti ha cambiato proprio per lui. Lo scorso anno la squadra giallorossa aveva il miglior attacco del campionato giocando con il tridente leggero, il bosniaco era rimasto ai margini della prima squadra, finendo stabilmente in panchina nel finale di stagione. Durante l’estate è cambiato completamente il modo di lavorare del centravanti, al quale Spalletti ha dedicato interminabili sedute tattiche individuali. Oggi Dzeko è perfettamente integrato in un contesto che non ha perso le caratteristiche principali della filosofia di Spalletti. La Roma continua a giocare tanto palla a terra, continua a sviluppare la manovra offensiva anche con Dzeko in campo. C’è un centravanti che non viene cercato con i lanci lunghi, anche se in caso di necessità si può giocare anche in quel modo. Nella passata stagione Perotti da falso nueve rientrava, apriva gli spazi per gli inserimenti degli esterni e dei centrocampisti. Dzeko dà la profondità e crea soluzioni alternative. A Vienna il passaggio di El Shaarawy per il terzo gol ha ricordato l’assist di Totti contro la Samp e anche quello del capitano contro il Crotone. Il lancio che cerca Dzeko al di là della difesa è uno schema tipico di Spalletti, come anche il primo gol di Dzeko al Prater, la fotocopia di quello realizzato contro l’Inter.
DENTRO LA MANOVRA Con Dzeko la Roma non rinuncia alla manovra, Edin ha doti tecniche per mantenere alta la qualità del palleggio. Fa passaggi filtranti per gli inserimenti degli esterni che sono più da trequartista. Inoltre la sua partecipazione in fatto di numeri è impressionante: 10 reti nelle ultime 9 partite giocate con la Roma, a Vienna ha effettuato 7 dei 13 tiri della Roma, con 10 palloni giocati nell’area avversaria. Il suo grande coinvolgimento in fase di costruzione della manovra è dato anche dal 75% di passaggi riusciti, con un grande aiuto alla squadra anche in fase di non possesso. Dzeko straripante e decisivo di queste ultime partite è facilitato della nuova impostazione tattica della Roma e proprio il bosniaco è al centro del gioco della squadra. Per fare un esempio, contro l’Inter, è stato il secondo giocatore giallorosso ad aver toccato più palloni. E’ lui il cardine offensivo del 4-2-3-1 romanista e conclude spesso l’azione che lui stesso ha contribuito ad avviare con una sponda per i compagni.
CAMBIATO IL GIOCO Dalla partita contro la Juve del 24 gennaio scorso, la seconda della nuova gestione di Spalletti, è cambiato radicalmente il modo di stare in campo del bosniaco. In quella occasione il tecnico toscano si schierò a specchio con il 3-5-2 bianconero e chiese molto a Dzeko e Salah in fase di pressing per provare a inaridire la principale fonte di gioco bianconera, cioè Marchisio. Il bosniaco finì per restare lontano dall’area di rigore. Da allora Spalletti è riuscito a far rendere al meglio Dzeko sfruttando le caratteristiche fisiche, oltre a quelle tecniche: è lui che spesso apre il campo con sponde e movimenti ad uscire per avviare il contropiede. Oggi la Roma è una squadra che gioca per il proprio centravanti, che è parte integrante della manovra, viene cercato continuamente dai compagni che credono in lui. Spalletti ha saputo costruire una squadra che si poggiasse su un centravanti di livello senza per questo dipendere da lui, sgravandolo da quella pressione che, molto spesso, ne aveva influenzato le prestazioni.