La Roma voleva chiudere tutto netto per gli l’iter entro le elezioni europee. Fra gli uffici del Campidoglio e i proponenti del progetto Stadio di Tor di Valle siamo giunti allo scontro finale. La Roma ha spedito la scorsa settimana il testo «ufficiale» della proposta di Convenzione Urbanistica, cioè il contratto che regola i rapporti fra il Comune e i proponenti. Chi l’ha visto, racconta di decine di pagine ma anche di alcuni punti sui quali l’accordo con il Comune non c’è.
Questo è l’atto più importante: la Convenzione urbanistica – che dovrà essere poi obbligatoriamente votata in Consiglio comunale – contiene tutte le modalità e i tempi di costruzione delle varie opere ed, fra tutti i passaggi, l’atto amministrativo forse più importante. L’obiettivo, ufficialmente mai formalizzato ma perseguito da tutti gli attori (Roma, Eurnova e Campidoglio) era quello di provare a chiudere i lavori entro fine aprile per poter andare in Consiglio comunale per il voto su variante e convenzione urbanistica prima delle elezioni europee, fissate per il 26 maggio.
Ancora oggi, matematicamente, i tempi ci sarebbero ancora ma la distanza fra le parti non sembra colmabile con poco sforzo e farà, quanto meno, slittare di un mese il closing dell’accordo, scavallando, quindi, le elezioni europee. Sempre se il closing si troverà: se le parti irrigidiscono le rispettive posizioni è possibile un ulteriore slittamento fino a data da destinarsi e, viste le potenziali ripercussioni politiche sul governo nazionale e su quello cittadino, delle elezioni europee, totalmente aperto a qualunque soluzione. Compresa la possibilità che il Governo possa emanare un nuovo provvedimento sugli Stadi, tema che, ciclicamente, riesce fuori. Alla fine, se non si riuscirà a trovare la quadra con gli uffici, la decisione finale finirà per essere rimessa direttamente al sindaco, Virginia Raggi.
(QUASI) PRONTI PER IL VOTO – Tutti gli altri atti amministrativi – tavole urbanistiche, controdeduzioni alle osservazioni presentate alla Variante Urbanistica, e via dicendo – sono pronti: se si chiudesse l’accordo sul testo della Convenzione urbanistica, si potrebbe andare al voto in tempi rapidissimi, prima delle elezioni europee. Ma l’accordo, appunto, non c’è. Almeno, non c’è ancora su 4 punti. La Roma aspetta una risposta formale dal Campidoglio che, però, non arriverà prima del 2 maggio, e, vista la successione di ponti che sguarnisce gli uffici, forse anche qualche
4 PUNTI DI DISACCORDO – Fra i giallorossi e il Campidoglio, dunque, ci sono quattro punti sui quali la quadra ancora non c’è. Si tratta della realizzazione delle tribune/museo dell’Ippodromo, delle modalità di versamento dei 45 milioni di euro del contributo costo di costruzione da usare per comprare i treni per la Roma-Lido di Ostia, del progetto di rifacimento della stessa linea e, infine, dell’unificazione della via del Mare/Ostiense nel tratto dove dovrà innestarsi la viabilità locale del futuro Ponte dei Congressi e oggi «occupata» da alcuni capannoni industriali e artigianali. Per la Roma l’obiettivo primario è evitare che l’apertura dello Stadio sia legata a interventi di altri soggetti (Comune e Regione). Il Comune, invece, cerca di massimizzare il «vantaggio» per il pubblico.
DUE DILIGENCE SUL VALORE DEGLI IMMOBILI – Uno degli elementi di maggiore perplessità nella delibera Raggi del 2017 era dato dal valore di 805,5 euro a metro quadro che, semplificando, è il guadagno netto per gli imprenditori al momento della vendita dei negozi e degli uffici, depurato già dei costi per la costruzione. Il valore in questione era stato calcolato nel 2014, con la versione Marino/Caudo del progetto. E nel 2017 aveva destato le perplessità tanto dello stesso Caudo quanto, poi, anche dei critici dell’intera opera: Cristina Grancio e Stefano Fassina l’hanno inserita come uno dei punti di forte critica alla base della loro proposta di delibera di annullamento dell’intero iter.
Nei vari compiti affidati dal sindaco Raggi agli uffici all’interno della due diligence post arresto di Parnasi rientra anche il controllo su tutti gli oneri del progetto. La domanda è legittima: come fa un valore del 2014, stimato per giunta sulla realizzazione di grattaceli, a rimanere invariato nel 2017 e con la costruzione di palazzine invece che di tre torri? L’analisi ancora non è completata ma le prime risultanze indicano che la Roma ci sta andando a perdere: il valore a metro quadro degli immobili, in realtà, è sceso sensibilmente. E il risultato è che oggi invece di 805,5 euro a metro quadro, la Roma potrebbe, sempre semplificando, incassarne più o meno 700. I1 che, per altro, richiederebbe, come paradosso, la concessione di una maggiore cubatura in compensazione rispetto a quanto effettivamente previsto oggi.
FONTE: Il Tempo – F. M. Magliaro