La reazione del Campidoglio alla lettera di Marcello De Vito, nella quale l’ex presidente del Consiglio comunale arrestato il 20 marzo per corruzione dice di non voler rassegnare le dimissioni, è gelida: «Non cambia nulla — spiegano da Palazzo Senatorio —. Se avesse rinunciato all’incarico spontaneamente l’iter sarebbe stato più rapido, in questo caso andrà avanti la procedura di revoca».
E però il percorso amministrativo, mentre De Vito resta sospeso per 18 mesi come stabilito dalla Prefettura, è complicato da tecnicismi che rischiano di esporre un eventuale voto della maggioranza al rischio di ricorsi. Nella missiva di quattro pagine, scritta a penna il 13 aprile dal carcere di Regina Coeli e recapitata ieri con una mail «certificata» al Segretariato generale (tra i destinatari la sindaca e i consiglieri comunali), l’ex numero uno dell’assemblea capitolina definisce «prive di presupposti la sospensione e la temporanea sostituzione». (…).
Il passaggio più pungente nel quale, pur senza citarlo per nome, chiama in causa «il leader», il capo politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio: «Mi sono chiesto cosa potrebbe decidere per sé stesso, ove fosse sottoposto a un giudizio: sicuramente proporrebbe un quesito ad hoc, come quello ideato sul caso Salvini-Diciotti, da sottoporre al voto online».
Il consigliere pentastellato cita il codice etico e contesta l’inflessibilità adottata nei suoi confronti a differenza di situazioni analoghe, seppure non sfociate nell’arresto: «L’espulsione è prevista solo in caso di condanna e non si presta a opinabili interpretazioni a seconda dei casi o, peggio, all’arbitrio del nostro leader». Nel ribadire l’intenzione a non mollare («Non posso, non voglio e non debbo farlo»), chiede giustizia: «Darò tutte le mie forze per tutelare la vita della mia famiglia e la mia». (…).
FONTE: Il Corriere della Sera