Il solito garbo, l’eleganza di sempre. Un briciolo di rancore, anche. Claudio Ranieri esce da Trigoria senza aver raggiunto l’obiettivo (pochissime le possibilità di andare in Champions) massimo e gettargli addosso grandi responsabilità sarebbe pure sbagliato. Ci ha messo passione, provando a capire perché questa squadra non era una squadra: e i motivi non sono (solo) tecnico-tattici.
Alla fine va ringraziato, perché – oltre ad averlo intuito – lo ha anche detto apertamente, facendo capire che le responsabilità stanno in alto. Problemi di scelte e di gestione, meno di qualità dei calciatori.
«La squadra ha subito l’assenza dei senatori che sono stati venduti la scorsa estate», disse. Ieri è tornato proprio su questo aspetto psicologico. «Una volta analizzata la squadra, ho capito che avevo il compito di lavorare sull’autostima. Credo abbiamo lavorato bene dal punto di vista difensivo, cercando di prendere meno gol e i giocatori mi hanno seguito».
LA DELUSIONE – E’ arrivato per dare una mano, aveva a disposizione dodici partite, tre mesi. Ha creduto, a un certo punto, di potersi giocare la conferma sulla panchina della Roma, poi quando ha visto che la dirigenza aveva altri progetti, ha fatto capire il suo risentimento. Sempre con garbo, senza omettere la verità. Trigoria è diversa da quando era arrivato una decina di anni fa, quando ha portato la Roma a sfiorare lo scudetto. Questo è il periodo della Juve, è difficile competere, più facile ridimensionarsi anno dopo anno.
«La Roma deve prima cedere e poi acquistare». Lo ha detto Ranieri, è il manifesto della realtà. Lui va via e quella realtà resta: «Difficilmente la Roma potrà competere il posto in Champions», e anche qui una parola di conforto. Insomma, Ranieri va via e presente il conto al successore. La magia di dieci anni fa non c’era più per lui. Ma la Roma è cresciuta come società: «Ho trovato una struttura più moderna: a mio avviso credo che a Trigoria ci sia troppa gente. Sono abituato con meno persone. Capisco che la Roma stia diventando una società internazionale, e il brand conta molto».
Il brand crea l’atmosfera, ma non sempre porta i risultati. Poi, il grande rimpianto. «Non è una critica a nessuno, ma forse si potevano gestire meglio certe voci. Si è detto Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via, viene questo o quell’altro. Senza tutto ciò, forse quei due punti in più l’avremmo strappati da qualche parte. La Roma non ripartirà da zero, perché qui ci sono buoni giocatori. Ripartirà da un nuovo allenatore, che dovrà essere bravo a far capire le proprie idee. Il mio futuro? Mi sento un tecnico europeo, dove vedo un bel progetto, vado. Ogni volta che guido questa squadra mi emoziono sempre, lascerò la Roma con il cuore aperto sperando di vederla sempre in alto». Ultimo colpetto sulla gestione del caso De Rossi, su cui si è espresso anche la scorsa settimana. «Un fulmine a ciel sereno». The end.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni