Una riga è stata tirata. Dopo averne scritte molte altre. Ci ha pensato il numero uno della Roma, come era giusto che fosse in un momento di depressione, smarrimento, rabbia, come quello attuale. Coacervo di sensazioni convogliate in gran parte su di lui, come è normale per ogni capo, cui toccano onori e oneri a seconda delle fasi.
Il presidente della Roma non si è sottratto a quella degli oneri, assumendosi le responsabilità ultime di gran parte del fallimento dell’ultima stagione; affrancando consiglieri e dirigenti attuali; e sottolineando colpe dell’ultimo in ordine di tempo ad abbandonare la nave, già in piena tempesta.
Tentativi apprezzabili i primi due, un po’ meno – per stile – il terzo, sia pure confortato dall’evidenza dei fatti. C’è però un punto sul quale Pallotta è apparso come un elefante in una cristalleria: la decisione di non rinnovare il contratto a Daniele De Rossi, ricondotta a giustificazioni tecnico-tattiche che lasciano presagire un percorso ancora lunghissimo (per ora incolmabile) per entrare in empatia con il romanismo. (…)
FONTE: Il Romanista – F. Pastore