Caro Pallotta e cara Eurnova (la società di Parnasi), avete cambiato i patti sullo stadio a Tor di Valle e questo «rimette oggettivamente in discussione l’intero assetto» del progetto, perché sono in forse «gli elementi qualificanti del già dichiarato interesse pubblico». Firmato: il Campidoglio. La lettera riservata inviata ai privati che sognano l’affare stadio è datata 13 maggio. Ed è il documento che ha convinto la sindaca Virginia Raggi a battere i pugni sul tavolo con la Roma, aprendo per la prima volta alla bocciatura della controversa operazione calcistico-immobiliare che si trascina da quasi sette anni (e da sempre sgradita ai grillini).
La Roma e il Comune litigano sulla convenzione urbanistica che dovrebbe ratificare quanto previsto dalla delibera sul pubblico interesse votata – a malincuore – dal M5S nel 2017. La bozza presentata dai privati, si legge nella missiva di cui Il Messaggero è in possesso, «non sembra coerente con lo stato del confronto», dato che sono presenti «profonde e nemmeno preannunciate revisioni». Questo scrive la direttrice dell’Urbanistica comunale, Cinzia Esposito. La frattura è così profonda da «rimettere in discussione» l’interesse pubblico. Cioè il via libera dell’amministrazione.
Alcune contestazioni sono note, altre no. Per esempio non era emerso che i privati – così almeno sostiene il Comune – vogliano un’«attenuazione radicale del vincolo di strumentalità tra l’impianto e l’AS Roma (nella qualità e nella quantità». Si tratta in sostanza dell’obbligo di legare il nuovo stadio al club giallorosso «per 30 anni», com’è scritto nella delibera del 2017. Altrimenti? Scatterebbe una maxi-multa pari al «contributo straordinario» dei privati. Cioè 98 milioni di euro. Nella bozza dei proponenti, annota sempre la Esposito, è prevista invece «la soppressione della previsione di un importo a titolo di penale per il caso di perdita/violazione del vincolo di strumentalità». Cioè se lo stadio tra qualche anno non sarà più «l’arena» della Lupa, non sarebbe chiaro che tipo di multa dovrebbero sborsare i privati.
Non c’è accordo poi sulle infrastrutture – non molte, ormai – rimaste a carico dei proponenti in cambio delle cubature record per alberghi, negozi e uffici. Il contributo per la mobilità, cioè 45 milioni per rimettere in sesto la malandatissima ferrovia Roma-Lido, «non sarebbe più versato all’atto della sottoscrizione della convenzione», hanno detto i privati. E per di più «l’apertura dello stadio non sarebbe condizionata dalla qualità/quantità del trasporto su ferro». Tutti cambiamenti che «sembrano distanziarsi tanto dalle condizioni della delibera del 2017 quanto dalle prescrizioni emerse in conferenza dei servizi» in Regione.
«VIA NON PERCORRIBILE» – Il patto era infatti che lo stadio avrebbe aperto solo col «contestuale» funzionamento di tutte le opere pubbliche assicurate. Cioè con l’Ostiense-Via del Mare unificata e con la Roma-Lido in grado di correre con un treno ogni 3 minuti e mezzo («16 treni l’ora»), mentre oggi se va bene passa un convoglio ogni venti minuti.
Zero accordo anche sui parcheggi, sulla ricostruzione delle tribune del vecchio ippodromo «da considerare opera pubblica», sul «crono-programma» che il Campidoglio vorrebbe «vincolativo» e non «meramente indicativo». Insomma, mentre l’assessore allo Sport, Daniele Frongia, ieri pubblicamente confermava «la volontà politica di andare avanti, ribadendo l’importanza di avere le opere prima dello stadio», nelle missive riservate il Campidoglio scrive che le proposte dei privati «non sono percorribili amministrativamente». Se non è una stroncatura, poco ci manca.
FONTE: Il Messaggero – L. De Cicco