Chi pensava che fra gli effetti della conferenza stampa di Francesco Totti fosse compreso anche un de profundis per il progetto Stadio di Tor di Valle, rischia di rimanere assai deluso. Ieri, nuova riunione tecnica – l’agenda reca il numero 109 – fra i proponenti e gli uffici comunali. E le distanze ora non sembrano così ampie rispetto alle settimane a cavallo fra Pasqua e fine maggio quando – complici i lunghi ponti vacanzieri, una improvvida pec spedita agli uffici comunali con la bozza di convenzione e le notizie su “Fiumicino piano B” – si era registrato un aumento della tensione e della lontananza dell’accordo.
Lo stadio resta fondamentale nei progetti della Roma, come ha ribadito a Sky il vicepresidente Baldissoni: «Poter costruire uno stadio di proprietà nel calcio moderno significa avere un amplificatore di ricavi che sono necessari alla società Roma per poter incrementare la sua capacità competitiva. Senza, l’orizzonte diventa complesso. Se tutti dichiarano di volere primeggiare sappiate che senza un acceleratore di ricavi che passa perla costruzione di una nuova infrastruttura sarà pressoché impossibile sfidare la Juve che solo da sola ha più del doppio del nostro fatturato».
E allora, sotto di riunione in riunione – la prossima è fissata per venerdì 21 allargata a Città Metropolitana – per cercare di giungere a una accordo: questo è, stando a Radio Campidoglio, anche l’intendimento del Comune. Il problema per la Raggi è che rischia di non avere numeri sufficienti in Aula e per questo il Campidoglio ha assunto una posizione insolitamente rigida. In via di soluzione la questione legata all’acquisto di alcuni nuovi treni per la Roma-Lido, i cui costi saranno coperti dalla Roma con i 45 milioni del contributo costo di costruzione: il Campidoglio avrebbe sostanzialmente accettato la proposta della Società di essere non solo «ufficiale pagatore» ma di curare anche la gestione dell’appalto.
Sembrerebbe in via di soluzione anche il tema del metodo di calcolo della penale da pagare se venissero separati l’asset Stadio da quello della proprietà della società sportiva la cui unione è sottoposta dalla delibera di pubblico interesse a un vincolo trentennale. Resta ancora aperto il nodo della contestualità, come oramai viene chiamato alle riunioni, cioè del «contestuale funzionamento» delle opere pubbliche di mobilità al momento dell’apertura dello Stadio.
Combinando la disposizione delle delibere Marino e Raggi – il 50% dei tifosi allo stadio con il trasporto pubblico – con le opere di mobilità pubblica – Roma-Lido di Ostia da rifare a carico della Regione e implementazione della ferrovia per l’aeroporto a carico di Ferrovie dello Stato – il rischio è che lo Stadio possa essere pronto prima delle opere ferroviarie col rischio di non essere utilizzabile. Lo scontro, fondamentalmente, è ora tutto su questo tema. Nella riunione di ieri, il tema contestualità è stato accantonato e, dopo l’incontro Baldissoni-Raggi dei giorni scorsi, si sta studiando la possibilità di rivolgersi alla Conferenza di Servizi per chiarire quale deve essere l’interpretazione autentica delle varie prescrizioni.
La strategia della Roma, quindi, si sta delineando: Fiumicino piano di riserva rimane sullo sfondo, ottenere un parere dalla Conferenza di Servizi che sblocchi l’impasse e poi chiedere il voto in Consiglio comunale. Una richiesta, quella del voto, che la società giallorossa è comunque pronta a fare se dovesse perdurare la melina politica della Raggi sapendo che una bocciatura in Consiglio comunale aprirebbe le porte a un contenzioso giudiziario, perché come ha detto Baldissoni «nulla di intentato» sarà lasciato.
FONTE: Il Tempo – F. M. Magliaro