La voce ha iniziato a circolare tra gli ultrà della città in fretta. Un via vai di voci arrivate fino a Perugia, dove erano arrivati quelli della Roma. “Ma è vero?”, si chiedevano tra loro e domandavano alla polizia che doveva controllarli. Fabrizio Piscitelli non era stato un rivale come gli altri: il capo della Nord, degli Irriducibili laziali, per loro era semplicemente Diabolik. E nella logica ultrà, anche un rivale è “uno di noi”.
Per questo quei romanisti che avevano scelto di passare un mercoledì d’agosto allo stadio Curi anziché al mare, hanno deciso di rendergli omaggio. Niente striscioni esposti, allo stadio di Perugia.
“Per rispetto” all’avversario caduto, anche se logiche di tifo non hanno alcuna relazione con quell’omicidio a sangue freddo. Una cosa è certa: gli ambienti del tifo organizzato romano sono stati i primi a venire a conoscenza della notizia: persino la Lazio è venuta a saperlo da alcuni suoi sostenitori, trovando poi conferme istituzionali. Per lo stesso motivo, in pochi minuti l’ingresso del Parco degli Acquedotti su via Lemonia si è riempito di tifosi. Non tifosi qualunque, ma i ragazzi di Diabolik, gli Irriducibili, gli stessi che – giusto tre mesi fa – trovarono la saracinesca della loro sede in zona Tuscolana (meno di 4 chilometri dal luogo dell’agguato di ieri) divelta da un ordigno esploso nella notte
Diabolik evocò in quel caso motivi politici: “Siamo gli ultimi fascisti rimasti”, disse. E non è un caso se gli ambienti ultras dell’estrema destra si sono movimentati in gruppo. Gli ultrà del Verona, gemellati con i laziali, con cui condividono anche l’orientamento politico, hanno inviato un messaggio via social network. Ma non sono stati gli unici: attraverso twitter e facebook sono piovuti messaggi di commiato da ogni angolo d’Europa accompagnati spesso da eloquenti cuori neri a ricordare la fede politica comune di mittenti e destinatario. Russi, bulgari del Levski Sofia, polacchi del Wisla Cracovia, ma anche generi account di riferimento del tifo organizzato internazionale: per tutti Diabolik non era un nome come un altro ma un simbolo, quasi un padre fondatore di una mentalità. “Un mito del mondo ultra”, lo ricordano alcuni ultras spagnoli.
“Di sicuro il tuo nome, le tue gesta, il tuo vivere ultras resterà eterno”, il messaggio più accorato invece arrivato da alcuni tifosi laziali, come quello, enfatico, per cui “un vero ultras non muore mai”. Oltre la retorica tradizionale, c’è anche chi ha voluto chiedere di evitare strumentalizzazioni: “Non riconduciamo nulla di tutto ciò al calcio”, e anzi tanti hanno voluto prendere le distanze da “chi celebra un criminale”, ricordando le pagine più cupe della sua vita. Per molti altri, solo “un fascista”. Almeno su questo, sarebbe stato d’accordo.
FONTE: Il Tempo – M. Pinci