La priorità va il risultato. E la Roma, uscendo in fretta dal tunnel in cui si è incautamente infilata mercoledì all’Olimpico arrendendosi nello scontro diretto contro l’Atalanta, non tradisce e soprattutto non stecca. Così, senza alcun accenno di sofferenza (caldo a parte), centra l’obiettivo di giornata, la sesta del torneo: vittoria di misura e al tempo stesso di sostanza contro il Lecce (0-1) per riprendere la corsa verso la zona Champions. Nel pomeriggio fuori porta, insomma, il riscatto è subito servito, nonostante i trenta gradi che, sotto il sole del Salento, tolgono il respiro e quindi annebbiano la mente.
Il 5° posto, in attesa del posticipo del Tardini tra il Parma e il Torino che punta al sorpasso sui giallorossi, va bene, almeno per il momento. Fondamentale è restare in scia delle big: il Napoli quarto, attuale punto di riferimento in classifica, ha solo un punto in più. Quando la rosa finalmente sarà al completo e quando Fonseca sceglierà definitivamente lo spartito, allora la squadra avrà la possibilità di uscire allo scoperto e di ufficializzare il suo ruolo in questo torneo.
ESAME PERSONALIZZATO – La lente di ingradimento, durante la partita, si ferma sulla panchina. La curiosità è alla traccia dell’allenatore che, nel turno settimanale, ha improvvisamente fatto inversione a u. Da coraggioso a timoroso contro l’Atalanta: niente punti, né gol. E’, quindi, ripassato dal via. Senza però ancora decidere se il coro, per essere intonato, deve cantare in portoghese o in italiano.
Ha preso la via di mezzo che, con il suo 4-2-3-1, sembra quella che porta all’equilibrio: la difesa non rischia niente o quasi, l’attacco crea quanto basta. Il minimo per ottenere il massimo. E’ questa la Roma di Lecce che, oltre a non subire gol per la prima volta in 6 match campionato (l’unico clean sheet contro il Baseksehir in Europa League), sfrutta ancora il totem Dzeko. Testa a posto e da tre punti, a Lecce dopo Bologna.
QUESTIONE DI RITMO – La Roma si prende il match nella ripresa. Quando spinge sull’acceleratore. Meno possesso palla (fino all’intervallo quasi il 70 per cento) e più efficacia. Nella prima parte solo il tiretto di Kolarov e il colpo di testa, a porta vuota, di Smalling che indirizza a lato. Liverani, con il suo 4-3-1-2, usa il contropiede. Il Lecce resta ancora a digiuno in casa (3 ko in tre gare interne). E’ ordinato, ma mediocre e non ha davanti né Lapadula né Farias. Babacar, Falco e Mancosu non spaventano la linea difensiva davanti a Pau Lopez.
Il turnover di Fonseca, come previsto, coinvolge quattro giocatori: entrano, dopo il ko di mercoledì contro l’Atalanta, Mancini al centro della difesa accanto a Smalling, Diawara in mediana da partner di Veretout, Kluivert e Mkhitaryan in attacco da esterni alti. Le mosse incideranno più avanti, quando sostituiranno il palleggio, spesso sterile e difettoso, con la velocità, di lato e anche centralmente. Il Lecce si arrende alla qualità del rombo offensivo in cui Dzeko recita da protagonista. Segna, su pennellata di Mkhitaryan, il 92° gol in 186 partite con questa maglia, media da finalizzatore autentico, ed esulta nella diciassettesima città italiana.
Lucioni di mano (come nel primo tempo, dopo la difettosa respinta di Gabriel su cross di Florenzi: in quel caso l’arbitro Abisso, però, fa il vago e non interviene) para il tiro per il bis del centravanti. Su invito di Zaniolo, entrato per Mkhitaryan e subito coinvolto. Kolarov, però, permette a Gabriel di azzerare la gaffe sulla rete di Dzeko: rigore parato. Errore che non incide sul mancato rifornimento di Zaniolo, splendido nella fuga per la vittoria, a Kluivert. Al pieno di benzina, come al solito, ha pensato il centravanti. In questo caso per ripartire dal Salento.
FONTE: Il Messaggero – U. Trani