«È inutile nascondere la testa sotto la sabbia, questo fatto di avere una doppia faccia ci è già successo altre volte. E allora ne dovremo parlare, per risolvere il problema». È uno Spalletti molto più deluso che arrabbiato quello di fine gara, con il volto tirato di chi pensava di poter andare a una festa e invece si è ritrovato all’improvviso senza invito. Forse perché in cuor suo credeva davvero di poter tenere il passo della Juve o forse perché i segnali captati in queste due settimane di sosta erano stati positivi. «I ragazzi si erano allenati benissimo, ero certo di fare una grande partita». E invece lo è stata solo per un po’, la seconda parte del primo tempo. Poi il buio, soprattutto nella ripresa, quando la Roma è scomparsa dal campo. Lasciando spazio a dubbi e interrogativi, ma anche a qualche crisi isterica, sparsa qua e là.
NERVOSISMO – Già, perché poi se i cambi per qualcuno sono stati l’errore di Spalletti («Ma togliere Salah e Perotti non è stata una resa – puntualizza il tecnico –, lo sarebbe stato semmai restare così: non riuscivamo più a tenere palla e a risalire, ho messo dentro forze fresche come Paredes, che nel far girare palla è il numero uno»), quegli stessi cambi hanno creato più di una scintilla. Prima il malumore di Perotti (evidente al momento dell’uscita), poi i rimproveri «coloriti» di Nainggolan a Domenichini, il vice di Spalletti. «Quando mi fate cambiare ruolo, ditemi bene le cose che devo fare», il succo delle frasi di Radja, espresse con toni molto più forti e con quel dito a roteare davanti alla faccia di Domenichini. Spalletti nei precedenti 15 minuti aveva richiamato più volte il belga, per tenere una posizione diversa in campo, finendo poi con il sostituirlo. Segni di nervosismo strisciante in una squadra che si stava rendendo conto come gli stesse scivolando via dalle mani proprio quell’invito lì, alla festa di fine anno. Che, poi, tradotto, voleva dire continuare a cullare il sogno di poter dare fastidio alla Juve fino alla fine.
AUTOCRITICA – E invece la sconfitta di ieri è una mazzata tremenda. «Un risultato pesante, ne usciamo male, si è fatto un passo indietro per le nostre aspettative e qualità – dice lo stesso Spalletti –. Il lavoro di preparazione alla gara è stato sbagliato, è chiaro. Nella ripresa abbiamo avuto un’involuzione che non mi aspettavo. Se smetti di giocare, gli altri ti passano sopra. Noi siamo bravi quando possiamo gestire la gara con qualità e in velocità, ma se poi il livello di lotta si alza e la gara diventa una mischia lo diventiamo di meno. E in casi come questi la responsabilità è tutta dell’allenatore».
POCA PERSONALITA’ – Il problema, alla fine, gira sempre lì, sulla mancanza di cattiveria. Strootman ne ha da vendere, ma è ancora molto lontano dal giocatore che era («Per me ha fatto una grande partita. Anche De Rossi, che poi è calato, un po’ come tutti», dice Spalletti), Salah sembra troppo timido rispetto ai «rimproveri» degli avversari. «Nel primo tempo dovevamo segnare. Calo fisico? Direi di no, avevamo anche coccolato giocatori che non erano andati in nazionale. Il problema è l’aggressività in alcune cose come l’uno contro uno in fase difensiva». E allora forse è vero, meglio non fare gli struzzi. Niente testa sotto la sabbia.