Il traferimento a Roma
“A Roma mi trovo bene, l’ambiente è sereno e tranquillo, la gente del sud è fantastica, l’aria e positiva e si sta bene. La mia famiglia è di origini napoletane, ma sono nata e cresciuta a Treviso. Il calcio femminile è molto simile al maschile: si prendono le botte, e ci sono i contrasti perché la fase difensiva è molto importante. C’è stato un cambiamento nel seguito del calcio femminile: non mi aspettavo così tante persone a vedere la nostra partita con l’Empoli, e col Milan il Tre Fontane era pieno”.
“Mi fermano molte persone, non me lo aspettavo. Sono cresciuti anche i follower sui social. Nella Roma non c’è un bomber in particolare, segniamo tutte con frequenza: è difficile trovare una squadra come noi. Con l’Empoli, ad esempio, hanno segnato 4 giocatrici diverse. La Juventus resta la più forte sulla carta, ma alla fine decide sempre il campo. Non siamo ancora professioniste, ma si sta muovendo qualcosa, dobbiamo dimostrarlo noi sul campo: vogliamo una parità con i nostri colleghi uomini”.
La sua vita… “Ho sempre detto alla mia famiglia che volevo giocare a calcio, ho iniziato con i maschi e venivo presa in giro perché non era uno sport per donne. Fino a 14 ho giocato con i maschi, poi sono andata a giocare con le donne. Mamma era un po’ contraria, infatti mi ha mandato a giocare a pallavolo, ma giocavo con i piedi. A Treviso giocavo col Barcon, squadra di Serie C, poi sono andata al Pordenone in A”.
“Ho debuttato in A 15 anni, e non ho più smesso. Ho cambiato tante squadre, tante città e anche scuole. Sono arrivata al quinto superiore e non ho finito il percorso di studi, ma voglio prendere il diploma. Non ho accettato offerte dall’estero perché in questo momento non sarebbe giusto: credo in questo movimento e credo che non sia un segnale positivo per le bambine che mi hanno come esempio: vedermi andar via dall’Italia e non aiutare il movimento italiano non sarebbe bello. Ci sono molte bambine che vengono a vederci, cosa che prima non avveniva”.
Consigli? “La prima cosa è credere nel proprio sogno, e seguire la passione che ti spinge ad arrivare in alto: credo che ognuno possa arrivare in alto con questi stimoli. Dopo la carriera da giocatrice ad oggi non abbiamo un lavoro fisso, bisognerà trovare un’occupazione. Mi piacerebbe restare nel mondo del calcio: potrei fare l’allenatrice dei bambini. Sono stata a Madrid a 17 anni: mi aveva preso l’Atletico ma non mi sentivo pronta ad un’esperienza del genere, cambiare abitudini e tradizioni era troppo grande per la mia realtà, ho auto un po’ di timore”.
Occasione sprecata? “Quel giorno avrei detto sì, ma oggi credo che con il lavoro potrei arrivare ovunque. Da piccola il mio idolo era Del Piero, ed il secondo Pirlo, che ho avuto il piacere di incontrare e che mi ha fatto i complimenti per il Mondiale”.
Il mondiale… “L’Olanda è stata più forti di noi sul punto fisico, ma tatticamente eravamo sullo stesso livello. Gli Stati Uniti invece sono i più forti su ogni aspetto, noi siamo un passetto indietro. In Europa Francia Spagna e Germania sono quelle che potrebbero tenere testa agli USA, hanno i campionati migliori”.
I momenti più belli del Mondiale? “Il gol di Bonansea a fine partita con l’Australia, il cerchio finale dopo aver perso con l’Olanda e l’assist che ho fatto alla Galli con la Giamaica: partenza da dietro, passaggio a Cernoia, io mi sono inserita sulla trequarti, ho visto l’imbucata e ho servito la compagna. C’è un gruppo whatsapp tra di noi chiamato Francia 2019”.
La macarena? “È nata dalle “vip” della squadra: era un balletto scaramantico che ci ha portato bene. Prima del Mondiale abbiamo fatto un mese di preparazione a Coverciano e poi un mese fuori. Non volevamo più tornare a casa, ma poi il ritorno fa sempre piacere. Siamo state bene ed è stato brutto salutarci. Non è facile affrontare in campionato le avversarie che conosci in Nazionale, in campo si gioca forte e si entra in contrasto, sempre con rispetto: poi, fuori, torna tutto normale”.
Gesto scaramantico? “Ce l’ho ma non lo dico. Il lunedì ci alleniamo alle 14:30, facciamo parte fisica e aerobica. Se giochiamo domenica il lunedì è libero”.
Alimentazione? “Noi siamo fortunate, al centro sportivo abbiamo la mensa dedicata a noi. A cena di solito mangiamo un secondo, ci segue il nutrizionista, abbiamo un solo pasto libero a settimana”.
Fidanzato? “È il pallone, mi dedico a lui. Con coach Bavagnoli ci prepariamo bene in settimana per le cose da portare in partita. Lei ci dà un mano per capire dove migliore tatticamente e noi lavoriamo sulla tecnica. Le punizioni sono la cosa che mi vengono meglio: da piccola copiavo Pirlo. Di solito sono io che vado a prendermi la palla per calciare. Sui luoghi comuni sul calcio femminile la penso così: non ci devono essere differenze, siamo preparate come gli uomini, possiamo reggere le stesse grandezze di campo e porta”.
FONTE: RAI – Radio2