robabilmente non ci avrebbero creduto neppure loro se, qualche settimana fa, qualcuno gli avesse detto che la Roma si sarebbe aggrappata alle loro giocate e, soprattutto, alle loro condizioni fisiche. Non hanno in comune solo la nazionalità o il talento cristallino, Diego Perotti e Javier Pastore, ma anche certi muscoli, dal polpaccio al flessore fino all’adduttore, che in carriera troppo spesso li hanno fatti patire.
L’ex Psg, come ha detto l’allenatore neppure un mese fa, fatica a giocare tre gare in una settimana e probabilmente, tra Borussia e Milan, almeno una, all’inizio, la vedrà dalla panchina. Rispetto allo scorso anno non ha saltato una convocazione, nonostante le premesse estive facessero pensare ad altro.
E invece nel suo caso la strategia della Roma si è rivelata corretta: al primo fastidio al polpaccio si è fermato, ha fatto una sorta di preparazione personalizzata, praticamente senza giocare, ma allenandosi e basta, ed è stato a disposizione dalla prima giornata di campionato.
Completamente diverso l’inizio di stagione di Perotti, tornato per la prima volta a disposizione a Genova. Adesso sta bene, ma considerando che non giocava da maggio Fonseca dovrà centellinarne presenze e minuti. Anche lui, come Pastore, può essere preziosissimo per un gruppo in cui raramente si salta l’uomo e in cui tutti sembrano preoccupati di mantenere l’equilibrio senza dare spazio alla fantasia.
Perotti ne ha da vendere, la sua storia romanista dice che, pur con tanti infortuni, soprattutto negli ultimi due anni, è sempre stato determinante nei momenti più importanti e questo potrebbe non fare eccezione.
FONTE: La Gazzetta dello Sport