L’obiettivo dichiarato è Tor di Valle. Eppure le quotazioni di Fiumicino, alternativa numero uno, restano comunque alte. Il via libera alla posa della prima pietra dello stadio della Roma non è mai stato così vicino. Ma il club giallorosso ed Eurnova, la società proprietaria dei terreni su cui dovrebbe essere realizzato la nuova casa dei romanisti, tengono il punto. Perché, se è vero che le verifiche sull’iter richieste dal Campidoglio grillino si sono chiuse con il placet all’operazione da parte dei tecnici comunali, restano comunque almeno tre nodi da sciogliere.
L’ultimo è quello relativo ai quasi 20 milioni di euro extra che il Comune è pronto a chiedere ai proponenti in base agli ultimi controlli effettuati sulle cubature. Fondi da spendere in opere pubbliche di cui non è ancora dato conoscere con esattezza i tempi di realizzazione. Così come non c’è ancora certezza su che ne sarà dei campi di allenamento fronte stadio. Per l’amministrazione capitolina sono vincolati alla Roma e al suo marchio, mentre il club sarebbe ben disposto a svincolarli. Gli investimenti su Trigoria, resi necessari anche dai ritardi accumulati da palazzo Senatorio sul dossier Tor di Valle, hanno reso il centro sportivo di via Laurentina un gioiello di cui il team del presidente James Pallotta non vuole più privarsi. Fin qui le questioni tecniche.
Poi ci sono i risvolti politici. E, appunto, la moral suasion di Fiumicino. Un pungolo in più per Virginia Raggi: la sindaca sarà chiamata a dare la svolta alla trattativa in prima persona se i tempi dovessero dilatarsi troppo. Un intervento in Campidoglio è dato ormai per scontato. D’altronde, se si dovesse andare troppo in là, alla prima cittadina potrebbe sfuggire l’opportunità di passare alla storia come quella che ha portato ai romanisti il loro nuovo tempio. Un colpo da non mancare in vista della prossima campagna elettorale. Poi ci sono anche vecchie questioni personali.
Tra Raggi e Tor di Valle si è infatti frapposto ancora una volta Francesco Sanvitto, lo stracritico ex attivista 5S che nel 2016 aveva offerto alla futura prima cittadina il suo ufficio come base per il comitato elettorale. Ieri l’architetto ha fatto notificare in Campidoglio una diffida: «Non approvate la variante urbanistica». Perché, spiega il documento, l’ultimo aggiornamento del Piano di bacino del Tevere segnala possibili esondazioni del Biondo nell’area dell’intervento urbanistico. Rischi che si sommerebbero a quelli che verranno risolti con le idrovore sul rio Vallerano. Un alert che, considerata la paternità, potrebbe sortire effetti contrari a quelli sperati: una spinta in più per il sì di Raggi.
FONTE: La Repubblica – L. D’A.