Giovanni Bertini non era quello che si può definire una bandiera: con la Roma giocò 55 partite. Ma era uno di quelli in possesso della password per entrare nel cuore dei tifosi e restarci per sempre. Stopper vecchie maniere, romano e romanista, è rimasto attaccato ai colori giallorossi nonostante una carriera spesa per lo più altrove.
È stato sconfitto dalla Sla (scopetrta nel 2016), la sclerosi laterale amiotrofica detta anche morbo di Lou Gherigh o la stronza come la definì Stefano Borgonovo, uno dei quasi 50 giocatori degli anni 70 e 80 uccisi da questa malattia.
La ricerca non riesce a trovare nessi certi tra il calcio e la Sla, ma gli indiziati sono sempre gli stessi: i diserbanti usati per curare i campi in quegli anni e alcuni farmaci come Micoren e Cortex oggi considerati dopanti e all’epoca somministrati con troppa disinvoltura.
Classe ‘51, Giovannone (come lo chiamavano per la sua prestanza fisica), poi era nato il giorno della Befana la festa a cui i romani sono tradizionalmente più affezionati. «Ha un fisico che ricorda quello di Nordahl.
Potrebbe fare anche l’attaccante», diceva di lui Nils Liedholm che infatti negli allenamenti lo usava come centravanti per mettere alla prova i difensori titolari. Quella Roma nel ‘75 conquistò un terzo posto festeggiato dai romanisti come uno scudetto, ma Bertini era già andato via, all’Ascoli, dove lo chiamò un certo Mazzone.
Piacque Giovannone a sor Carletto che, infatti, se lo portò alla Fiorentina la stagione successiva. Ma Bertini le tende non le piantò nemmeno in viola: un campionato con 20 presente e poi di nuovo valigie pronte destinazione Catania.
All’ombra dell’Etna il difensore cresciuto nell’Ostiense, storico vivaio della Capitale, trovò la sua realizzazione: 5 stagioni culminate con la promozione in serie B dei rossoblù. Non tornò più in serie A, che conobbe quasi cinquant’anni fa. L’anniversario lo avrebbe festeggia to fra dieci giorni: il 14 dicembre del 1969 Helenio Herrera lo schierò dal 1’ in casa della Fiorentina campione d’Italia.
Scrisse Il Messaggero: «Per quanto riguarda il romanino Bertini – e si fa per dire perché il diciottenne giallorosso è un corazziere o quasi – come non parlare di prova positiva, se nel recupero, pronto, implacabile, il ragazzo ha trovato i mezzi per rimediare alla furia scatenata di Chiarugi?».
La partita finì 2-2. Bertini la prima squadra l’aveva conosciuta il 26 novembre, entrando nei tempi supplementari della sfida di Coppa Coppe ad Eindhoven contro il Psv. La Roma passò al sorteggio, in un raro colpo di fortuna. Fortuna che ha voltato le spalle a Bertini, costretto a lasciare il campo a 68 anni. Davvero troppo presto.
FONTE: Il Messaggero – R. Buffoni