E’rimasto per benessere, è rimasto per sorprendere. Sei mesi dopo il generoso rinnovo cel contratto, Edin Dzeko si ritrova quasi daccapo: la Roma non è all’altezza delle sue aspettative, riaffiorano vecchi malumori, l’obiettivo di vincere un trofeo si allontana nel tempo e nello spazio. Così si spiegano le parole pronunciate a caldo, dopo l’inqualificabile sconfitta di Reggio Emilia contro il Sassuolo: «Il primo tempo non è stato da Serie A, non va bene per una squadra che vuole giocare in Champions. Forse ci sono troppi giovani, che tendono ad accontentarsi di una o due partite fatte bene».
Se non ci fosse un management completamente nuovo, per non parlare dello staff tecnico e della squadra che sono totalmente diversi rispetto all’anno scorso, sembrerebbe di rivivere il tribolato inverno 2019 che si concluse con il ribaltone determinato dall’inerzia: via Di Francesco, via Monchi, lo stesso Dzeko destinato all’Inter. Era il periodo del «tutti contro tutti», espressione sfoderata pochi giorni fa dal ds Petrachi per descrivere il caos incontrato a Trigoria nei giorni dell’insediamento.
BERSAGLIO – Per la serata dell’ufficiale investitura da capitano, coincisa con il centesimo gol nella Roma, Dzeko avrebbe desiderato e meritato un contesto migliore. Anche per questo era particolarmente nervoso. E torna negli occhi il suo rude labiale diretto a Fonseca, allenatore con il quale ha stabilito da subito un feeling forte, che i due hanno opportunamente provato a minimizzare. «Mi ha chiesto di non protestare con l’arbitro» ha raccontato Fonseca. «Non gli ho detto niente di particolare» ha chiosato Dzeko. In realtà, rivedendo le immagini televisive, sembra che il giocatore pronunci tre volte la parola «pochi». Pochi cosa? (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida