Il giorno dopo è anche peggio: l’Atalanta scappa a più tre dalla Roma e sabato c’è lo scontro diretto a Bergamo. Il distacco, sia chiaro, non è niente rispetto a ciò che la squadra di Fonseca ha dimostrato di essere in questo inizio di 2020. In un mese si è frantumato quanto di buono s’era visto prima di Natale. La Roma ha perso certezze, gioco, brillantezza fisica e sopratutto, punti.
E le responsabilità non sono solo da una parte. Ieri, ennesima “unità di crisi” a Trigoria: colloquio tra calciatori e dirigenti, poi tra Fonseca e il gruppo. La squadra è con il tecnico, tant’è che era stato chiesto a Petrachi di non affacciarsi nello spogliatoio durante le partite. Fienga ha ribadito al gruppo che non ci sono alibi e che basta una vittoria a Bergamo per invertire la rotta.
Per il resto siamo al solito «ci vuole concentrazione», «siamo tutti in discussione», «la qualificazione in Champions è fondamentale» e così via. Il futuro va ricostruito su altri presupposti e il mancato ingresso in Champions sarebbe un bell’intoppo, specie Dan Friedkin. Jim Pallotta, in questi casi si è sempre fatto vivo, anche con un semplice e non proprio edulcorato tweet.
Era assente prima, lo è ancor di più ora che sta mollando la presa. La società si trova a gestire questa fase senza grosse disponibilità economiche e senza riferimenti. La squadra perde i pezzi (tra chi decide di andarsene e chi si infortuna) e non vengono sostituiti come si dovrebbe (riciclato Peres, presi Perez e Jbanez e Villar).
La squadra è indebolita e pure Petrachi finisce in discussione: per il mercato, per i contratti firmati e non, per certe uscite, non solo pubbliche, poco gradite. E sopra c’è una nuova proprietà che sta ipotizzando di ripartire con alcune nuove figura apicali.
CONFUSIONE La confusione è totale, insomma, e Fonseca l’ha abbracciata, non riuscendo a gestire l’ennesima emergenza. Bravo a uscire dalla prima crisi, inerme davanti a questa, con pochi mezzi. E se alla Roma togli due elementi importanti (vedi Zaniolo e Diawara), o li rimpiazzi a dovere o inventi qualcosa di diverso, che possa coinvolgere e valorizzare i restanti.
Questo Fonseca non lo ha fatto, andando avanti a testa bassa sui vecchi principi tattici, ma che ora non vanno più bene: per questo sta pensando di cambiare modulo e uomini per lo scontro diretto con l’Atalanta e non solo. Tutto questo e gli ultimi risultati, hanno reso Paulo vulnerabile, quindi in discussione. Siamo alle solite, la colpa rischia di essere attribuita solo dell’allenatore, non pensando che in questi nove anni Usa ne sono stati cambiati otto.
Oggi la squadra, dice Fonseca, ha paura. Ma paura di cosa? Possibile che ogni anno si torni a parlare di questioni mentali? Si è tremendamente abbassato il livello tecnico, è evidente. Basti pensare a chi era in rosa due anni e mezzo fa e chi c’è ora. Questa è una Roma modesta e per non sembrarlo deve girare tutto alla perfezione. Se non stanno al massimo i leader, Kolarov, Mancini, Smalling, Dzeko, tutto crolla. E il futuro è tutto da riscrivere. Dall’anno zero all’anno zero. E si ricomincia. All’infinito.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni