«Un altro mattone nel muro», ringhiano i Pink Floyd dagli altoparlanti prima della partita. Ecco, il 3-2 con cui la Roma manda a casa un coraggioso Pescara – cui solo la vittoria a tavolino evita l’ultimo posto in classifica – nel giorno in cui la Juve cade a Genova, è di quelle che sulla carta costruiscono i sogni scudetto, ma nella pratica evidenziano difetti pericolosi. E tutto questo nonostante i giallorossi abbiano in squadra il capocannoniere della A – 12 gol in campionato e 17 stagionali in giallorosso per Dzeko –, che apre con una doppietta un match poi indirizzato anche dalle reti di Perotti su rigore e di Memushaj e Caprari per il Pescara, inutili agli abruzzesi per evitare l’aggancio della Roma al Milan al secondo posto, con la Juve a +4.
SORPRESA GERSON – Morale: è come se si fossero giocate due partite diverse. La prima durata 10 minuti, in cui la squadra di Spalletti domina il campo, e l’altra durata 83, nella quale il Pescara non demeriterebbe il punto. Se si pensa che a Oddo mancano 5 potenziali titolari (Campagnaro, Fornasari, Gyomber, Aquilani e Manaj) e al primo scatto si infortuna Bahebeck sostituito da uno dei tanti ex, Caprari, si capisce come i meccanismi biancazzurri siano poco rodati. Così Spalletti può permettersi il lusso di lanciare il timido Gerson per la prima volta titolare in campionato visti gli acciacchi di De Rossi e Paredes (a rischio derby).
Per il resto, segnalata la promozione di Emerson titolare al posto di Juan Jesus, la Roma è quella attesa, visti i forfait di Manolas ed El Shaarawy. In avvio basta poco per capire come la linea del fuorigioco del Pescara sia permeabile, cosicché al 6’ Salah, lanciato in solitudine da Dzeko, tira fuori, cosa che il bosniaco non farà al 7’ e al 10’. Nel primo caso, mal controllato da Biraghi, mette dentro un cross di Perotti; nel secondo, sempre servito dall’argentino, sfrutta la sbagliata «uscita» dal fuorigioco di Zuparic per segnare il raddoppio. E qui si chiude la prima partita. Assestato meglio il pressing alto che — mal organizzato in avvio — apriva praterie ai giallorossi, dalla cintola in su la squadra di Oddo è abile quanto basta per sfruttare bene fasce e tagli, andando tre volte al tiro pericolosamente con Crescenzi, Brugman e Benali, anche perché il filtro offerto da Gerson davanti alla difesa è scarno. Certo, il baricentro più avanzato degli abruzzesi offre spazi alla Roma, che nelle ripartenze si dimostra viva con Nainggolan (ottimo Bizzarri in tuffo) e Dzeko, stavolta non preciso su assist dell’immarcabile Perotti.
CHE PAURA – Nella ripresa Oddo passa al 4-3-2-1 inserendo Verre per il centrale Vitturini e piazzando Caprari e Benali alle spalle di Pepe. Risultato: la Roma sbanda, anche per la sostituzione di Nainggolan. Infatti, se si eccettua un tiro di Dzeko fuori di poco (6’), Szczesny deve fare due ottimi interventi su Pepe e Verre, prima di capitolare su Memushaj servito da Zampano. A sinistra Emerson affonda e Fazio quasi, perché Gerson non li aiuta. Buon per i giallorossi che Crescenzi compia un goffo fallo su Perotti che manda l’argentino sul dischetto per l’8° rigore giallorosso nel torneo (26’). Sembra l’uscita dall’incubo, invece il Pescara continua a cercare bene la profondità sulle fasce e Pepe, al 29’, crea le premesse per il tiro dell’ex Caprari che accorcia ancora le distanze. La squadra di Spalletti vede le streghe e prova a rialzare il baricentro. Qualcosa si vede, perché Salah e Strootman impegnano Bizzari in tuffo. L’ultima occasione però è del Pescara, con Pepe che dal limite tira alto. Insomma, Oddo si rammarica e così finisce in gloria per la Roma che – con 33 gol (non le capitava da 82 anni) – ha l’attacco più prolifico, ma in vista del derby la sensazione è agrodolce. Non a caso alla fine Dzeko graffia: «Se giochiamo così, con la Lazio non vinciamo». Possibile, ma il bello del calcio è che in una settimana può cambiare tutto.