Era il 24 ottobre quando anticipammo il possibile cambio di proprietà della As Roma. O meglio il passaggio di mano da un americano all’altro, da Pallotta a Friedkin: stessa nazionalità, ma modi diametralmente opposti di intendere un investimento sportivo.
Il primo che, comunque non va dimenticato, tirò fuori la Roma dalle sabbie mobili e dal rischio fallimento, è abituato a gestire patrimoni, a spostare soldi altrui. Insomma, di lavoro fa proprio quello e quindi con la Roma ci aveva visto giusto (vista la cifra della cessione e quella dell’acquisto).
L’altro, ormai alle porte, arriva dal Texas con figlio al seguito e borse piene di soldi suoi per quello che in gergo viene definito «vanity asset»: o meglio un investimento «personale» fatto per sua scelta, per a imporre il suo nome nel Vecchio Continente.
Se la cosa porterà fortuna alla As Roma e al suo popolo lo si potrà dire solo tra qualche tempo, perché dopo il passaggio e l’ingresso definitivo nella Roma, per Friedkin inizierà il processo più complicato: provare a vincere. Quello che purtroppo non è riuscito a Pallotta da quando, insieme agli altri soci, il 18 aprile del 2011 acquistò la società giallorossa.
L’obiettivo era fare una Roma competitiva e in parte gli è anche riuscito: perché almeno quello al povero James gli va riconosciuto. Certo, da lì a vincere c’è tutta la differenza del mondo: «Zero tituli» come avrebbe detto qualcuno, ma comunque il salto di qualità della società è sotto gli occhi di tutti.
Svanisce così quella che per molti tifosi è stata per nove anni la pietra dello scandalo: la causa di tutti i mali del club più tifato della Capitale. Ora non si potrà più dire è tutta colpa di Pallotta, del presidente che non c’è «perché per vincere devi sta’ qua». Ora bisognerà ricominciare a pensare tutti insieme alla nuova Roma a quello che succederà domani dopo 11 anni di bacheca vuota.
Ma Friedkin dovrà essere bravo, perché scoprirà presto che Roma non è una piazza facile, dovrà evitare falsi maghi, incantatori di serpenti, vecchi ubriaconi, treni del dolore vari e majorette (che non mancano mai), volare basso e partire piano per arrivare al suo obiettivo: quello di riportare la Roma al successo. Intanto, benvenuto!
FONTE: Il Tempo – T. Carmellini