Un’auto della Guardia di Finanza. E un taxi giallo. Quando il 23 marzo 1980 (…) il calcio italiano perse la sua innocenza. Letteralmente. L’immagine di quelle due auto ferme, in attesa, sulla pista di atletica dello stadio Olimpico al termine di Roma-Perugia (finita 4-0, per gli almanacchi), divenne l’icona del primo grande scandalo del nostro pallone. Il cellulare della Finanza era lì per Luciano Zecchini, Mauro Della Martira e Gianfranco Casarsa, calciatori del Perugia, che vennero scortati fuori dagli spogliatoi in manette e condotti in caserma per essere interrogati. In stato d’arresto.
«Avevo appena finito di arbitrare una delle partite più facili che mi fosse capitata quando entrò nella mia stanza Dino Viola, il presidente della Roma, bianco come un lenzuolo» ricorda Paolo Casarin, il decano dei fischietti all’epoca. «Che succede, gli chiesi, avete appena vinto». Mi rispose: «E’ la fine del calcio, è arrivata la Finanza negli spogliatoi».
Zecchini, Della Martira e Casarsa finirono dunque in manette. È in altri stadi d’Italia la Guardia di Finanza faceva lo stesso con altri giocatori: a Pescara vennero arrestati Bruno Giordano, Lionello Manfredonia, Pino Wilson e Massimo Cacciatori, calciatori della Lazio; a Milano, al termine di Milan-Torino, stessa sorte toccò ai rossoneri Ricky Albertosi e Giorgio Morini. E: ancora Guido Magherini (Palermo), Claudio Merlo (Lecce), Stefano Pellegrini (Avellino), Sergio Girardi (Genoa).
Poi, a cascata, vennero coinvolti altri calciatori, tra cui Paolo Rossi, Beppe Savoldi, Dossena, Agostinelli e Damiani, e dirigenti vari, in primo luogo il presidente del Milan Colombo. Uno scandalo che portò alle dimissioni da presidente della Federcalcio di Artemio Franchi, all’epoca numero 1 anche della Uefa.Un’inchiesta nata dopo le rivelazioni di un fruttivendolo, Massimo Cruciani, e di un ristoratore, Alvaro Trinca, che messi in mezzo da Magherini avevano cominciato a perdere centinaia di milioni di lire a causa di soffiate sbagliate su risultati combinati. Inseguito dagli allibratori, Cruciani decise di denunciare tutto alla Finanza, salvo poi ritrattare. Ma l’inchiesta era partita. (…)
FONTE: Il Corriere della Sera