A Pasqua compie 47 anni. Christian Panucci vive la quarantena a Grottaferrata, ai Castelli, lontano dal figlio Juan, che sta con la madre Isabel Luiz e i genitori, che vivono a Savona. Panucci ha vinto tutto da calciatore: Coppa Intercontinentale, due Coppe dei Campioni, la Supercoppa Uefa, due scudetti in Italia, uno in Spagna, tre supercoppe italiane, due coppe Italia e la Charity Shield in Inghilterra.
La squadra dove è rimasto di più è la Roma: otto anni ricchi di soddisfazioni. Da allenatore è stato assistente di Capello in Russia, poi Livorno, Ternana e commissario tecnico dell’Albania. Ora, aspetta una nuova occasione. Appena sarà possibile mettere il naso fuori di casa e tornare a una vita normale.
La vita nell’era del Coronavirus è una lunga linea piatta: «Trascorro i giorni come tutti gli italiani, a casa. Mi informo costantemente, ho un giardino dove posso allenarmi e faccio qualche lavoro domestico. Poi, vedo partite, mi aggiorno».
Fino a quando si è fermato il campionato aveva detto che… «La Juve è sempre la favorita, la Lazio ha fatto qualcosa di straordinario, l’Inter è sulla strada della costruzione di una squadra importante, l’Atalanta è stata una formidabile conferma, entrare tra le prime otto d’Europa è un risultato eccezionale, frutto di una grande programmazione. La Roma è una squadra di qualità, a volte molto fragile».
Che idea si è fatto su Fonseca? «Mi piace per le idee, per come si pone, per il fatto che si è innamorato di Roma e non potrebbe essere il contrario. Gestisce bene la pressione, la squadra gioca bene anche se a volte è troppo fragile. Ha giovani di valore che devono crescere, credo che sia l’uomo giusto per fare un grande lavoro in prospettiva».
Lo scorso anno l’addio di Totti e De Rossi ha avuto ripercussioni forti sull’ambiente… «Francesco aveva quasi 41 anni quando ha smesso di giocare. Quando uno fa la storia della Roma come lui non vorresti mai che smettesse. Credo che Totti si debba sentire un privilegiato per essere stato protagonista fino a 40 anni, ma non era facile da gestire il suo addio. La cosa bella è che deve restare la sua storia nella Roma. Tutto il resto passa in secondo piano».
Se ne è andato perchè non è riuscito a fare il dirigente come avrebbe voluto… «Non è facile passare dall’altra parte. Doveva fare un percorso di crescita graduale, ma forse si sentiva stretto e non si sentiva appagato e quindi ha preferito fare un passo indietro».
Anche De Rossi ha lasciato la Roma quando avrebbe voluto continuare a giocare. Poi, lo ha fatto per un breve periodo nel Boca… «Per Daniele è stato diverso, si pensava a un rinnovo che non c’è stato, si sono create situazioni che non erano chiare. E’ stato un grande calciatore, anche lui deve dire grazie alla Roma e la Roma deve ringraziare lui. Mi auguro che possa fare l’allenatore, ha carattere, l’ho visto crescere fino a diventare un leader».
La Roma ha vinto l’ultima volta nel 2008. Anche lei alzò quella Coppa Italia. La gestione americana in nove anni è ancora all’asciutto… «E’ stato un periodo complicato, alla Roma si è tornati a vivere le inquietudini legate alla difficoltà di vincere qualcosa. Giorni fa ho rivisto in tv il derby vinto per 5-1 del 2002, mi venivano i brividi per i campioni che c’erano in campo, da una parte e dall’altra. C’è stato un ridimensionamento in questi ultimi anni, la società ha dovuto vendere i campioni per fare cassa e questo ha creato problemi. Anche se lo scorso anno ha raggiunto la semifinale di Champions con Pallotta e questo non va dimenticato. Ora, la Roma ha ragazzi di talento e mi auguro che possa tornare a vincere qualche trofeo».
Forse, quella Roma della quale ha fatto parte ha vinto poco… «Quando sono arrivato, l’anno dopo lo scudetto, la squadra era molto più convinta e più forte di quella precedente. Avevamo avuto l’occasione di fare il bis, se avessimo vinto a Venezia era fatta e invece arrivammo secondi. Tutto il calcio italiano era di un livello superiore ad oggi, quella squadra adesso vincerebbe lo scudetto facile. Molti di quei giocatori poi sono andati via e hanno vinto da altre parti».
Anche con Spalletti sfioraste lo scudetto… «Per tanti anni arrivammo secondi, ma l’Inter era sempre lì. Erano più bravi ma noi abbiamo dato una grandissima immagine per il calcio che giocavamo. L’Inter finiva davanti perché aveva qualcosa in più di noi, quel gruppo poi vinse anche la Champions League». (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport