“La Roma ha voluto vedermi in provino prima di acquistarmi perchè a Trigoria sapevano che avevo subito un infortunio al ginocchio. Mi rimandarono in Brasile e dopo 20 giorni mi chiamarono dicendomi che avevano intenzione di tesserarmi. Nello spogliatoio in cui sono arrivato c’erano grandi giocatori, ero emozionato. Volevo entrare a far parte del campionato italiano già da un po’, ma non mi aspettavo di andare alla Roma già da subito. La storia del ‘miglior terzo portiere del mondo’? Io ero uno che stava al posto suo, non creavo problemi e facevo il mio. Non è facile avere un portiere che accetta tranquillamente la panchina”.
“Spalletti un grandissimo allenatore. Con lui giocavamo tutti bene, quella Roma era forte anche se alla fine si era un po’stancata. Lavorare tanti anni con la stessa persona è difficile, a lungo andare un allenatore non riesce a trarre il meglio dai propri calciatori, soprattutto perchè spesso per farlo c’è bisogno di essere anche duri. Forse ha capito che con i suoi modi non riusciva più a far rendere la rosa. C’era bisogno di un cambio e alla fine arrivò Ranieri. Lui non si vedeva nello spogliatoio. Lasciò un ambiente molto libero per tutti, e forse in quel momento è stato un bene”.
All’epoca la Roma aveva tanti leader: Totti, Mexes… Vucinic? Era uno che arrivava nello spogliatoio e sembrava pronto per una partita con gli amici. Era sempre tranquillo, per questo giocava così come tutti lo hanno visto. Ho un rapporto molto stretto con Cicinho. Con lui non riesco a scambiare tre parole senza scherzare. Baptista? Era il nostro Beckham (ride, ndr): gli piaceva vestir bene, ed era forte anche se in giallorosso non rese come ci si aspettava. Se si parla di nomi, il brasiliano più importante passato per la Roma dopo Falcao è stato Adriano”.
“Juan? Roma è una città bellissima ma stare lontani da casa per tanto tempo non è mai facile. Forse era stanco e voleva tornare a casa sua. Ha fatto una scelta di vita, come Totti fece quella di rimanere tutta la carriera in giallorosso. I derby con la Lazio? Fortunatamente ne ho vinti 4 su 4. L’atmosfera era particolarissima in occasione delle partite con la Lazio. La gente comincia a parlarne dall’inizio dell’anno. Sotto casa mia all’Eur, nel bar dove andavo sempre, i proprietari erano laziali… Ed era sempre un piacere andarci dopo i derby”.
“Totti? La cosa che mi ha impressionato è che è una persona tranquillissima. Per noi era meglio fare allenamento contro calciatori come lui perchè il livello si alzava. In partitella tutti volevano sempre vincere. Perrotta? Il numero uno. Mai visto un giocatore tatticamente intelligente come lui”.
“La partita con la Samp? 20 minuti cambiarono un intero campionato. Non posso immaginare cosa sarebbe vincere un campionato con la maglia della Roma. La mia vita con quello scudetto sul petto oggi sarebbe diversa”.
“Sono innamorato di Roma. Dico sempre ‘Mi mancano tre cose di quel periodo: il mio metabolismo, il cibo e la mia busta paga (ride, ndr)’.
“La nazionale italiana? Se mi avessero chiesto di vestire la maglia azzurra lo avrei fatto al 100%. Sarebbe stato un onore. Già solo il fatto di allenarmi con Buffon sarebbe stato fantastico per me”
FONTE: Footbatelier