Pallotta non vende la Roma. Quanto meno non alle condizioni che si sono presentate finora. E per finora intendiamo dal giorno dell’inizio della pandemia a oggi. La trattativa per il passaggio di proprietà della società giallorossa da un parallelo all’altro degli Stati Uniti d’America nelle ultime settimane aveva riacceso i motori, mai del tutto spenti, come ribadito su queste colonne da fine febbraio, quando sembrava già nero su bianco e si era invece arenata a causa dell’emergenza sanitaria mondiale.
Difficile quantificare l’esatta intensità di marcia, ma quel che è certo è che con la ripartenza seppur prudente del mondo, anche il deal sull’asse Boston (Massachusetts)-Houston (Texas) aveva ripreso una certa forma. Le parti avrebbero dovuto riaggiornarsi non appena l’emergenza sanitaria fosse scemata e si sarebbero resi più chiari gli scenari. E così è stato. Con una due diligence infinita, o da rifare, come è ovvio che sia perché tra una fase e l’altra dell’operazione è “semplicemente” cambiata l’economia internazionale.
Andando con ordine, a inizio maggio Friedkin ha provato a rifarsi sotto per riaccendere la trattativa con un’offerta (parecchio inferiore ai 500 milioni) ritenuta troppo bassa da Pallotta, che per quanto sembrasse convinto dalla strategia, a cui lo spingevano anche i suoi soci, di vendere al ribasso ma fermando le perdite (il cosiddetto stop loss), è ragionevole pensare non accetti offerte più basse di 500 milioni. Anzi, ci vorrà sicuramente qualcosa in più, anche perché all’interno del prezzo c’è un debito consolidato di 278 milioni di euro.
Negli ultimi giorni Dan e Ryan, il figlio del magnate californiano con sede in Texas, hanno provato a bussare di nuovo alla porta di James, avvicinandosi con un’offerta “chiusa”, quasi da prendere o lasciare in questi tempi, ai 500 milioni per la parte spettante a Pallotta e soci e quella necessaria a coprire il debito. Nel dettaglio, da Houston hanno fatto sapere di essere pronti a coprire, oltre quella cifra, anche la ricapitalizzazione con un’iniezione di 20 milioni subito (utili per far fronte nell’immediato al ricco monte ingaggi che ha la Roma), a cui far seguire un’altra tranche di 65 milioni.
Non è un caso che il leggero rialzo dell’offerta sia arrivato in concomitanza del nuovo vento che ha portato il Governo a riaccendere la luce verde al campionato di Serie A. Pallotta ci ha pensato a lungo, ma ha detto no. Perché non vuole svendere, soprattutto adesso che il calcio è in ripartenza, consapevole, per altro, che i passaggi che dovrebbero sbloccare entro l’estate il progetto stadio (a cui anche Friedkin tiene molto, ovviamente) giocheranno in suo favore. (…)
FONTE: Il Romanista – G. Fasan