La tentazione di scovare vincitori e vinti di questo lungo match tra il pallone e il virus è forte. Sul ring ci sono saliti tutti, a giorni alterni, e tra questi anche il presidente del Coni Giovanni Malagò. Un paio di ganci hanno fatto vacillare i signori del pallone che, da buoni incassatori, non sono finiti al tappeto ma hanno cam Il numero 1 dello sport italiano aveva criticato la posizione della Figc: “Si trattava di subire meno danni possibile, ma senza aggirare i protocolli” biato strategia. E portato a termine l’incontro con l’unico risultato che interessava loro: la ripresa della serie A”.
E vissero tutti felici e contenti: è cosi presidente Malagò? “Il calcio è stato molto bravo a perseguire gli obbiettivi con determinazione e abnegazione, devo dargliene atto. E a farlo senza cercare di aggirare gli ostacoli”.
Chi altri sul podio?
“Il governo e il ministro Spadafora. Non hanno deragliato dalla propria strada, non hanno ceduto alla tentazione: nessuno sconto al calcio rispetto ai cittadini sui protocolli”.
Il calcio batte Malagò (e il suo scetticismo) 1-0 allora? “La parola scetticismo non mi piace. Non ho alcun problema a riconoscere quello che hanno fatto. Il problema non era tornare a giocare, ma riprendere con protocolli ben precisi. Avevo chiesto un piano B, ho sentito il ministro dire che c’era anche il piano C. Non è mio compito giudicarli ma mi fa piacere. Il calcio aveva il diritto/dovere di ripartire. Usciamo a testa alta”.
Si poteva fare meglio? “Si poteva non perdere tempo all’inizio stabilendo subito le regole senza cercare percorsi alternativi. Quando uno viene travolto dal virus, non può scegliere. Si perde e basta. Si tratta di subire meno danni possibili, il calcio l’ha finalmente capito ma stando dentro i protocolli. Non chiedendo condizioni speciali. E ripartendo anche con una competizione in chiaro che può accontentare tutti.
Ma ora arriva il bello o il difficile? “Entrambe le cose. Il bello perché vedere rotolare una palla in rete dà sempre grandi sensazioni. Il difficile perché sappiamo che si riparte, ma come dice anche Spadafora incrociamo le dita perché non si ripiombi nell’emergenza”.
Da noi vige ancora il protocollo della quarantena di gruppo in caso di positività; in Germania no. Giusto cambiare per non tenere in ostaggio il campionato? “Ripeto che non voglio addentrarmi nei dettagli, ma faccio solo notare una cosa. Ora tutti parliamo del modello tedesco, ma se compri un cesto di ciliegie è troppo semplice scegliere quella più dolce, più grossa e più matura”.
Tradotto? “Che rispetto alla Bundesliga le differenze sono di sistema, non solo di protocollo. È diverso lo status dei calciatori, sono diverse le modalità di ripartizione dei diritti tv. È diversa la filiera”.
Avrà imparato qualcosa il calcio italiano dallo scampato pericolo? Ammesso che scampato lo sia davvero… “Solo a una condizione»”.
Sarebbe? “Ripetiamo ormai quasi come un mantra che i club dovrebbero affrancarsi dalla dipendenza dai diritti tv e lavorare per gli stadi di proprietà. La lezione la impari solo se ti adoperi per questa seconda fase, se no potrebbe anche essere stato inutile questo periodo”.
Il tempo di stabilire un abbozzo di calendario che subito i club hanno protestato. Non un grande inizio? “Niente di nuovo, conosco le conflittualità. Non mi sorprendo”.
Ha voglia di tornare a vedere la sua Roma all’Olimpico? “Magari mi verrà, ma in questo momento non ho lo stato d’animo per farlo. E non credo di essere un caso isolato”. (…)
FONTE: La Stampa – P. Brusorio