Il popolo è una cosa vasta che però si muove come fosse una persona sola, può sembrare strano ma è proprio così; le masse funzionano come un organismo unico, e hanno una psicologia che può essere ricondotta e approssimata a quella di un individuo singolo. Con la differenza che quello che pensa un singolo non lo puoi mai davvero sapere, mentre quello che pensa il popolo più o meno sì. La sapienza popolare, la saggezza della gente, il sentire delle masse, l’opinione di sua maestà la plebe è storicamente depositata nei proverbi, un mare magnum pieno di locuzioni con le quali ci troviamo a volte in disaccordo ma che molto più spesso finiscono per sintetizzare davvero nel migliore dei modi ciò che avviene nel mondo degli uomini.
E la vicenda di Nicolò Zaniolo mi fa pensare esattamente ad uno di questi proverbi, che ho sentito mille e mille volte a casa mia, mai a sproposito, per fotografare quella specifica vicenda umana della quale anche questo ragazzo si sta rendendo protagonista. Uno che pare non sappia fare altro che far parlare di sé, nel bene e nel male, come se il suo destino fosse già stato scritto da uno sceneggiatore, o direttamente da Omero in persona. Nicolò Zaniolo ce lo regala uno dei giocatori più generosi che abbia visto indossare la maglia della ASRoma e cioè il Ninja, al secolo Radja Nainggolan, per via delle contropartite tecniche legate alla sua cessione all’Internazionale di Milano.
E per questo lo voglio ringraziare. Anche per questo. E Zaniolo comincia la sua storia con la Roma a soli 19 anni, trovando spazio a diverso titolo con gli allenatori Di Francesco, Ranieri, e Fonseca. Usato come ala destra, o come trequartista a sostegno dell’attaccante centrale, si dimostra subito uno straordinario produttore di polemiche sia a Roma che in Nazionale, polemiche spesso inutili, futili, o stucchevoli, ma che contraddistinguono una precisa categoria di uomini e di sportivi: i grandissimi.
È chiaro fin da subito come sia di certo l’invidia a muovere la favella di chi lo contesta, e la miseria, la piccolezza, la poraccitudine. E questo vale sia nelle aggressioni social contro sua madre, come nella conferma dei provvedimenti disciplinari spiccati a suo carico nelle vicende di spogliatoio, trattato come fosse un pregiudicato o un criminale professionista. Per arrivare alle illazioni sul suo futuro già deciso lontano da Roma. (…)
FONTE: Il Romanista – S. Bomavissuto