Liedholm diceva che si giocava meglio in 10 contro 11. Era uno dei suoi paradossi che servivano ad anestetizzare qualsiasi polemica o semplicemente a divertirsi, ieri però purtoppo l’antico adagio del Barone è stato un’altra volta vero.
Fino all’espulsione la Roma è stata dominante, bella, vincente. Vinceva, giocava meglio, soffriva (poco) e ripartiva (tanto), sprecava su un palo tutta la bellezza partorita in campo. E toccava proprio a Dzeko incarnare questo karma: assist, passaggi col petto, aperture da Girasole e poi, invece, non riuscire a fare la stanghetta elementare. Più che mai Albatros che con le ali da gigante non riesce a camminare. Ma l’anima ce l’ha messa, questa è una risposta. E ieri la Roma qualche altra l’ha data.
È evidente che dopo il rosso la Roma si è sentita oltremodo responsabilizzata, come a dirsi «ora non possiamo non vincerla». Ed è quando ti prefiguri un «no», che ci sbatti contro. Questo è stato il limite di ieri, un grosso limite di personalità su cui bisognerà lavorare. Chiamatelo braccino, è una sintesi sicuramente giusta ma non restituisce l’interezza della partita della Roma. Perché questa è stata sicuramente un’occasione persa, sicuramente la notte è passata male, pensando a quanto abbiamo sprecato, a quel che sarebbe potuto essere e non è stato, ma ieri è finita con Ronaldo e Pirlo a festeggiare in tv un pareggio strappato alla Roma. (…)
Sì, proprio quella squad
FONTE: Il Romanista – T. Cagnucci