«Io non mollo, state tranquilli», continua a ripetere Paolo Berdini ai pochissimi che sono riusciti a sentirlo all’indomani dell’avviso di sfratto fattogli recapitare dal “Raggio magico” a mezzo stampa. Rinchiuso nei suoi uffici all’Eur, il coriaceo assessore all’Urbanistica ieri ha voluto offrire ai collaboratori un segnale di normalità, confermando tutti gli appuntamenti in agenda, tranne la riunione di commissione coi consiglieri che lo hanno «pugnalato alle spalle». Un messaggio di calma apparente lanciato anche dai grillini in Campidoglio, da cui pure l’offensiva era partita, compatti nel dire che «è tutto a posto», il presidente dell’aula Marcello De Vito, seguito a stretto giro dal consigliere Enrico Stefano: «A quanto mi risulta Berdini fa parte della giunta e sta continuando a lavorare». La strategia disegnata a tavolino — congelare il secondo rimpasto di giunta in appena cinque mesi — per evitare di far esplodere un nuovo “caso Roma” proprio nel bel mezzo della crisi di governo che vede il Movimento in prima linea nel chiedere elezioni anticipate e già di fatto in campagna elettorale. E perciò attentissimo a scongiurare passi falsi. Soprattutto se compiuti da esponenti di primo piano come Virginia Raggi, che già ne ha commessi tanti, attirandosi le critiche e i riflettori di mezza Italia. Non se lo possono permettere, i cinquestelle. I vertici l’hanno detto chiaro alla sindaca e al suo entourage. I quali, sentendosi rafforzati dall’esito del referendum, sull’assessore più indipendente della squadra avrebbe invece voluto forzare. Per poi virare su una brusca frenata, anche a causa della resistenza opposta dall’urbanista. Ma il divorzio resta all’ordine del giorno, nella speranza che sia consensuale. Il piano prevede infatti di far capire a Berdini – cui verranno somministrate modiche dosi di veleno quotidiano che gli conviene mollare. E perciò ieri è stato fatto trapelare, come ulteriore strumento di pressione, il nome dell’uomo che «secondo i rumors di palazzo Senatorio» sarebbe pronto a prendere il suo posto: Emanuele Montini, in passato componente del tavolo per l’urbanistica del M5s e fedelissimo del vicesindaco Daniele Frongia. Il nemico numero uno di Berdini, appunto. Una successione che però rischia di creare nuovi malumori all’interno della compagine grillina.
Montini — un passato di peso nella giunta Rutelli, già nel direttivo di Italia Nostra — è stato anche a capo del legislativo al gruppo pentastellato di Montecitorio. Allontanato, si racconta nei corridoi della Camera, con l’accusa di avere la mano pesante e la penna rossa facile sulle interrogazioni dei deputati 5S. Se dunque il nuovo innesto immaginato dalla sindaca fosse questo, si consoliderebbe la frattura già esistente tra il Campidoglio e i parlamentari del Movimento, che ormai non nascondono più le distanze dalla giunta capitolina. Un pericolo che sul colle devono avere avvistato se ieri, interpellato sul punto, il capogruppo Ferrara si affrettava a smentire: «Montini al posto di Berdini? Non mi risulta. Se pensiamo a un sostituto? Assolutamente no». Certo è che non appena la notizia della imminente defenestrazione si è diffusa, l’assessore in bilico è stato subissato di messaggi e pubbliche attestazioni di solidarietà. Alcune delle quali insospettabili. «Paolo Berdini è una persona perbene e ha sempre goduto della mia stima», ha fatto sapere Marcello Minenna, ex titolare del Bilancio, il primo a sbattere la porta del Campidoglio. «A noi serve un interlocutore stabile e competente e Berdini lo è», lo ha elogiato Edoardo Bianchi, presidente dei costruttori romani. L’onore delle armi a un avversario «sempre corretto e leale».