Da Falcao a Cerezo, da Aldair e Cafu fino a Ibanez. La storia brasiliana della Roma continua…
«Che poi è una storia vincente. Se posso portare avanti questa tradizione, mi farebbe molto piacere«.
Pesa il paragone con Aldair? «Lo accetto, ma ho il mio stile«.
Lo hai mai conosciuto? «Qui a Roma no, ma quando sono stato con la Nazionale Under 23 l’ho incontrato«.
Quali sono le sue caratteristiche, quali i difetti? «Mi piace avere la palla tra i piedi, impostare, un altro mio tratto è la velocità, poi la forza fisica. Posso dire tutto, ma poi devo lavorare sugli errori. Di solito me li riguardo dopo ogni partita e lavoro su quelli. E’ chiaro, mi manca l’esperienza e devo lavorare sui posizionamenti».
Con la Roma è successo tutto molto in fretta. L’arrivo, il lockdown e poi la titolarità. Come ha vissuto quel periodo? «Da quando sono arrivato Fonseca mi è sempre chiesto di lavorare duro e l’ho fatto. Avevo capito che c’era quella possibilità e ho cominciato a spingere. Mi ha notato, ma alla fine è stata una sorpresa anche per me».
L’Atalanta non ha creduto in lei… «Sono stato io a voler andare via. Lì ho giocato nemmeno trenta minuti».
Gasperini poi si è pentito… «Le sue parole mi hanno fatto piacere, però, forse doveva credere un pochino in me: un calciatore, per poter dimostrare, ha bisogno di giocare. Se non vai in campo non ti vede nessuno. Gli allenamenti contano ma è la partita a fare la differenza. Alla fine, bene così».
Le differenze tra Gasp e Fonseca? «Fonseca mi conosceva già da quando ero in Brasile, quindi sapeva che avrei fatto bene».
Lei nasce come difensore? «No, da regista, il volante».
Via dall’Atalanta, come mai ha scelto subito la Roma? «C’era il Bologna, ma poi se chiama la Roma…».
Si è ambientato subito, a quanto pare. «Sì, ho trovato qui tre brasiliani, questo mi ha aiutato. Ma anche gli altri compagni, tutte bravissime persone».
Poi c’è stato il passaggio alla difesa tre. Fonseca la impiega ovunque, lei dove si sente di poter dare il meglio? «Da quattro a tre cambia molto. Ora ci sentiamo più sicuri. In Brasile di solito si gioca a quattro ma io al Fluminense venivo impiegato nei tre, quindi ero abituato: lì facevo il centrale a sinistra. Posso giocare in tutti e tre i ruoli, dipende da quello che serve: se l’allenatore vuole che attacchi mi schiera esterno, se vuole più coperture mi mette al centro».
Si spiega come mai, la Roma, viva blackout clamorosi come quello di Napoli e Bergamo? «Non so che cosa sia successo perché noi abbiamo lavorato per giocarle bene. E’ chiaro, non deve più accadere».
L’Inter ora è un esame sotto questo aspetto? «No, è solo un’altra partita importante. Dovremo giocare come abbiamo sempre fatto. Il blackout c’è stato in due partite e non può essere un caso. L’Inter ci dirà se avremo trovato continuità».
Lukaku non è proprio l’avversario migliore, no? «Ogni squadra ha il suo attaccante pericoloso. Noi guardiamo i video, studiamo…».
Si aspettava la Roma così in alto in classifica? «Certo che sì, la Roma è una grande squadra italiana e deve stare sempre tra le prime. Non è un caso se siamo lassù».
A inizio campionato non era prevedibile essere terzi a quattro punti dalla prima? «Quando sono arrivato mi sono subito accorto della qualità dei giocatori presenti, la Roma ha tanti nomi importanti e per questo motivo possiamo andare sempre più su».
La Roma è tra le favorite per lo scudetto, dunque? «Deve essere sempre tra le grandi. Se sono qui per me la Roma è la più grande squadra in Italia».
Lei è diffidato. Dovendo scegliere, salterebbe l’Inter per esserci con la Lazio? «Devo essere cauto, concentrato e magari giocarle entrambe».
È possibile giocare senza pensare al peso della diffida? «Sì, devi essere lo stesso giocatore. Non è che se sei in diffida cambi il modo di stare in campo. Io faccio quello che so fare sempre e per me non cambia nulla».
Perché dal Brasile ha scelto l’Italia? «Guardavo la Serie A ed era bella. È un campionato forte e competitivo, quando mi è arrivata la proposta, non ho avuto dubbi».
Un idolo nel calcio? «Non ho un idolo preciso. Dicono che somigli a Lucio. In effetti, lui o anche Juan che ha pure giocato alla Roma».
Sono arrivate tante offerte per lei dall’estero, è contento che la Roma non l’abbia lasciata partire? «È importante che la squadra abbia fiducia in me e viceversa. Mi trovo bene qui e ora penso solo a giocare».
Ha parlato con Friedkin? «Si, è fondamentale avere una persona di riferimento qui con noi».
Qual è stata la chiave che vi ha fatto svoltare con il nuovo sistema di gioco? «La squadra ha giocato bene con la difesa a tre, non è che a quattro giocavamo male, ma a tre avevamo più possesso palla, riuscivamo a fare più passaggi tra le linee e ad avere spazi diversi in campo. Non era solo un fatto di insicurezza».
Non era un questione di testa? «Abbiamo giocato qualche partita a quattro e tante a tre, e così abbiamo fatto meglio. Quindi dobbiamo giocare a tre».
Chi sarà più pericoloso tra Lukaku e Immobile? «Come caratteristiche non si assomigliano tanto: Lukaku è un uomo più di riferimento, Immobile si muove di più. Io devo comunque comportarmi come faccio sempre».
Ecco la possibile fase cruciale della stagione: le partite contro Inter e Lazio chiariranno quale sarà il ruolo della Roma in campionato? «L’obiettivo della Roma è la Champions».
Davvero non pensate ad altro? «Dobbiamo solo pensare a restare tra i primi e ad andare in Champions, poi ogni cosa in più per noi è una vittoria. Non ci poniamo limiti». (…)
FONTE: Il Messaggero