AIla fine, come sempre nel calcio, a pagare sarà l’allenatore. Uno per tutti, ma mai tutti per uno… È così, da sempre in questo sport dove le squadre sono sempre più strutturate come aziende. I club entrano in Borsa, fanno mosse commerciali da grandi imprese e come tali hanno organici infiniti dove c’è un ruolo per tutti e quando non c’è se lo inventano: fedeli al criterio che uno vale uno.
Sicuri? Così grandi manager fanno mercato (e i risultati si vedono), altri fanno cose solo per assonanza e ognuno cerca di piazzarsi al meglio e ingraziarsi il capo di turno. Così al povero Friedkin, arrivato a Roma dalla luna e accerchiato da bodyguard che hanno il sorriso di Kiel (lo squalo cattivo con i denti d’acciaio di un antico James Bond), non è stato dato nemmeno il tempo di capire. Ma capirà, eccome se capirà e quando lo farà in molti dovranno trovarsi qualcos’altro da fare.
Già ieri i primi sintomi della rivoluzione che appare ormai alle porte. Le prime teste a cadere dopo la figuraccia in mondovisione che solo, per colpa di un allenatore che sette giorni fa era secondo in classifica e al quale chiunque (allora) avrebbe fatto un contratto per i prossimi cinque anni. Non a Roma, dove se sbagli una partita magari perché non fai giocare gli unici buoni che hai, ti ritrovi con quelli che due ora prima ti stringevano la mano a spingerti giù per le scale.
Ma questo anche per Fonseca sarà un test: e non da allenatore, ma da uomo. Perché adesso dovrà mostrare quanto vale davvero, far vedere che il suo garbo non è debolezza. Che è in grado di cambiare, ribaltare, punire e ripartire sempre con lo stesso sorriso. Fa il mestiere più bello del mondo e lo sa e forse proprio per questo guadagna quello che guadagna e sempre ancora per quello ha quell’aria pacifica pur conoscendo il destino di chi sbaglia nel suo lavoro.
Nessuna difesa a oltranza, ma almeno lui ci ha sempre messo la faccia, abbozzando anche quando le colpe non erano le sue. Ma il tempo in questo senso sarà galantuomo, forse solo lui… oltre a Fonseca ovviamente. Speriamo basti.
FONTE: Il Tempo – T. Carmellini