A Roma hai fatto la storia. Sei stato il primo allenatore turco della società e hai vinto con la Under 15 dopo tanti anni. Come sono stati i tuoi primi giorni a Roma?
“I miei primi tempi a Roma non sono stati per niente facili. Sapevo che avrei avuto tanto lavoro da fare, ma non potevo immaginare quanto. Sono venuto in Italia come primo allenatore straniero a lavorare nelle giovanili. Di conseguenza, gli occhi del club erano su di me, e il fatto che il primo ad arrivare fosse turco è stato ancora più dirompente. Nel calcio, è difficile anche cambiare squadra nello stesso paese. Normalmente, gli allenatori cambiano le squadre, ma questa era la cosa più stimolante. Mio padre mi diceva sempre di tornare in Turchia, sapeva che tutti mi avrebbero seguito con sguardo critico. Ho provato ad adattarmi al sistema di qui, più che alle mie idee, per poterlo rompere, in senso positivo. Poi, una volta conosciuto il posto, ho cominciato ad applicare i miei metodi. Abbiamo provato a pressare, ma qui gli avversari sono preparati per questo. Quando hai un solo piano, loro possono contrastarlo. Abbiamo sistemato i nostri problemi difensivi e ci siamo concentrati sulle transizioni negative. Così come dobbiamo reagire rapidamente per riconquistare il pallone, abbiamo detto alla squadra quando invece bisognava scappare. In termini offensivi, non abbiamo mai compromesso il nostro gioco (anche se non abbiamo ottenuto i risultati che volevamo, all’inizio). Abbiamo sempre cercato di costruire il gioco con un certo piano da dietro. Abbiamo provato strategie differenti contro sistemi differenti, ma non abbiamo mai smesso di giocare. Mentre sviluppavamo il nostro gioco, abbiamo provato ad aumentare il tempo in cui avevamo il pallone. Facendo questo, ci siamo concentrati sullo stare in campo correttamente. Il risultato è stato battere squadre forti come la Fiorentina, il Napoli e il Milan, vincendo il campionato”.
Come descriveresti le giovanili a Roma? Come giocano le tue squadre e che rapporto hai con la Prima Squadra? “Quello della Roma è uno dei migliori settori giovanili in Italia e in Europa. Il nostro club ha una metodologia. È chiaro che vogliamo molto dalla costruzione del gioco, dalle palle ferme, dalla corsa all’indietro per difendere la porta. Quando ero al Galatasaray, facevamo lavoro tecnico tutti i giorni con Gomis, che aveva 32 anni, e di conseguenza vedevo miglioramenti tangibili tutte le settimane. Bisogna essere bravi a fare tutti i tipi di passaggi, da terra, al volo, con alta qualità e con la forza corretta. Bisogna giocare con un pieno e disporsi per poter beneficiare della parità numerica e degli spazi lasciati dall’avversario. Contro le squadre chiuse, proviamo pazientemente a recuperare il pallone e prepararci per l’attacco. È importante toccare il pallone poco e giocare velocemente. Le nostre squadre normalmente giocano col 4-3-3, ma la scelta del sistema è nelle nostre mani. Stiamo nella stessa struttura rispetto alla Prima Squadra, quindi seguiamo anche il loro lavoro. È un fattore motivazionale per i giocatori essere vicini ai colleghi che ammirano”.
Hai parlato con Fonseca e con dei dirigenti delle giovanili? “A queste viene data grande importanza. I nostri dirigenti ci seguono costantemente sia negli allenamenti che nelle partite. Inoltre, la città segue costantemente i risultati. L’aspettativa maggiore è quella di giocare a Roma per anni e avere giocatori formati qui. Questo è quello che il club si aspetta da noi. I nostri dirigenti ci danno tutte le opportunità di lavorare in modo confortevole. Abbiamo colloqui frequenti sul nostro lavoro e su cosa dobbiamo migliorare. Siamo in un buon rapporto. Il tecnico dell’Under 19, Alberto De Rossi, è qui da 25 anni. È inestimabile guardare il suo lavoro e avere la sua opinione. Siamo in comunicazione costante. Facciamo lavoro extra con la linea difensiva o con calciatori che scegliamo mensilmente. Ogni partita è trasmessa in diretta in TV. Tanti giornali e radio parlano delle nostre partite. La cosa bella è che le critiche sono molto vere e imparziali”.
Quali sono le differenze tra le squadre giovanili in Turchia e in Italia? Cosa trovi di diverso in termini di sviluppo? “La differenza maggiore è l’organizzazione. Ogni squadra qui ha il suo manager. Loro si preoccupano di tutto il lavoro fuori dal campo. È tutto organizzato. Oltre a questo, anche il numero degli allenatori è più alto. Ci sono due assistenti in ogni squadra, c’è un preparatore atletico, un allenatore dei portieri, un fisioterapista e un dottore. Questo gruppo si concentra su una sola squadra, e assicura un lavoro di migliore qualità. Penso che la differenza più importante sia nelle ore di scuola dei calciatori. Tra le 9 e le 13. Possono mangiare all’ora corretta e venire al campo riposati. Questo lavoro è basato sulle performance, un atleta deve avere il giusto riposo e il giusto ritmo di sonno e la giusta dieta per lavorare a piena efficienza”.
Da chi prendi esempio?
“Non lo imito, ma personalmente Josè Mourinho è quello che mi piace di più. Ma faccio le cose a modo mio”.
FONTE: TRT Spor