Come ha affrontato questa sfida gigantesca?
«L’obiettivo di tutti noi era creare una maschera che lo evocasse, anziché imitarlo, e che lo stupisse. Ho cercato la sua essenza».
Vi siete incontrati sul set? Le ha dato consigli? «Ho passato la maggior parte delle mie domeniche seduto su queste seggiole azzurre ad ammirare le imprese di Totti, ma non lo avevo mai conosciuto di persona fino a questa serie. È venuto un paio di volte sul set, ma il mio vero incontro con lui è stato il primo, a pranzo alla Villetta, un ristorante sull’Aventino. Tutte le domande che gli ho fatto erano calcistiche e lui mi ha risposto con notevolissime doti oratorie. Con lui non ho mai fatto l’attore, ma solo il tifoso della Roma, non mi ha dato consigli perché non glieli ho mai chiesti».
Totti ha visto la serie? Come ha reagito? «Lui e Ilary ci hanno chiesto di raggiungerli per vederla insieme. Ero seduto dietro di loro, assistevo alle loro reazioni e mi sono sembrati toccati, partecipi, curiosi».
Com’è andata la preparazione dal punto di vista fisico? «Ho incrementato la mia dieta del 300%, nel senso che mangiavo 3 volte quello che mangiavo prima, e ho preso 8 chili. Ma la cosa più complicata è stata riuscire a evocare l’essenza di Totti restando nei paletti della narrazione».
Come andrà avanti Castellitto attore e regista? «Ho fatto un film unico come Freaks Out, ho esordito a 27 anni con I predatori e poi mi sono ritrovato protagonista di una serie su un mito della mia giovinezza. Ora vorrei concentrarmi sulla scrittura».
Aveva già incontrato Totti? «No, prima della serie lo consideravo il mio mito da lontano. Parlavo con il suo poster appeso in camera e lo ammiravo dalla Curva. E quando ci siamo conosciuti, sul set, non gli ho chiesto suggerimenti per interpretarlo ma gli ho posto degli interrogativi di calcio, per esempio perché aveva smesso di tirare le punizioni a giro».
La sfida più difficile? «Raccontare Totti oltre il pallone: l’uomo visto in privato, nella sua vita intima e familiare. Tutti conoscono il campione, nessuno questa zona in ombra».
Cosa ha rappresentato il campione nella sua formazione? «Un punto di riferimento, non solo un idolo. Nell’infanzia, pensare a lui mi aiutava a superare il mio terrore più grande: perdere la mamma. Totti è un archetipo, è la rete di salvataggio che permette a tutti, anche ai non romanisti, di esorcizzare la paura della fine».
Quali doti ha scoperto in lui? «La sua intelligenza, la sua ironia, la capacità di mettere gli altri a proprio agio anche se è consapevole di incarnare un mito. Ed è un uomo loquace! Amo anche la sua lealtà che, in un mondo di voltagabbana, lo ha portato a non abbandonare mai la maglia della Roma».
Cosa pensa di avere in comune con Totti? «L’ironia tutta romana, che a volte diventa una maschera».
Il 28 maggio 2017, il giorno dell’addio, lei dov’era? «A Londra per studiare l’inglese dopo la laurea in Filosofia. Cercai i biglietti per Roma-Genoa, ma mi svegliai tardi e persi la possibilità di prenotarli. E volli tornare a Roma lo stesso, per seguire da vicino l’evento sia pure in tv. Pensavo di essere pronto invece quella giornata fu interminabile e scandita, anche per me, da un dolore raccapricciante».
Teme le critiche di irriducibili e odiosi? «Sono sereno, ho Francesco dalla mia parte».
Una curiosità: come hanno reagito suo padre Sergio Castellitto e sua madre Margaret Mazzantini quando ha annunciato che avrebbe interpretato Totti? «Hanno detto: bellissima cosa, e adesso so’ c***i tuoi».
FONTE: Il Messaggero