Educato. Discreto. Disponibile. Curioso. Stakanovista. Ma con un difetto: non risponde al telefono. O, meglio, risponde solo a chi gli garba. E, al momento, tra quelli che gli garbano, non sono compresi (quasi) tutti i giornalisti. E allora per Tiago Pinto, apriti cielo. Soprattutto nei ballerini giudizi della nostra città che ci mette un amen a promuovere o bocciare, pazienza se poi la controparte non la si conosce per niente.
Eppure il portoghese arrivato dal Benfica, non sono neppure cento giorni che è sbarcato da queste parti. Meno di cento giorni in cui, in piena tradizione romanista, gli è capitato di tutto. Prima l’isolamento per debellare il Covid, proprio quando c’era un mercato da affrontare. Poi la clamorosa eliminazione dalla coppa Italia. Quindi la bufera Dzeko-Fonseca che tutto è stata meno che una passeggiata di salute. Roba che poteva generare un pensiero del tipo ma chi me l’ha fatto fare a sbarcare a Trigoria?
Pinto, per quello che ci raccontano, non è stato neppure sfiorato dal pensiero di mollare. Scegliendo, come risposta, quella del lavoro. In cui si è tuffato in maniera totale. Dalla mattina alla sera, protetto dalle mura di Trigoria, circondato dai suoi più stretti collaboratori, in contatto quotidiano e ripetuto con la proprietà con cui si relaziona su tutto quello che riguarda il settore calcio. Del resto, i Friedkin vogliono essere messi al corrente di tutto perché, sin dall’inizio, hanno fatto capire di gradire poco le deleghe, esigono che l’ultima parola sia sempre la loro.
Pinto è in perfetta sintonia con i Friedkin. Così come con tutto il mondo Trigoria. È un dirigente che ama lavorare partendo dal concetto di team, ascolta e si confronta con tutti. In particolare con Fonseca e la squadra. Tutti i giorni si relaziona con il tecnico, ha un rapporto dialettico e di presenza quotidiano anche con lo spogliatoio, pronto ad ascoltare quello che hanno da dire i calciatori. La porta del suo ufficio è sempre aperta per chi vuole manifestare un disagio, un’esigenza, una richiesta. Sin dall’inizio ha fatto capire che al suo fianco non sarebbe arrivato un direttore sportivo.
Al mercato ci penserà lui, così come succedeva a Lisbona, dove il braccio operativo era sì Rui Costa, ma poi alla fine il sì o il no lo diceva Tiago. Non è tipo, il potoghese, da un uomo solo al comando. Lavora, come detto, in equipe. Il suo più stretto collaboratore è Maurizio Lombardo, arrivato da poco alla Roma con il ruolo di Segretario sportivo andando a colmare un enorme e colpevole vuoto in società. Pinto si confronta spesso anche con Morgan De Sanctis, il responsabile del settore giovanile.
Quasi quotidiano è pure l’interfacciarsi con Antonio Cavallo, attualmente il numero uno del settore scouting, settore su cui Tiago crede moltissimo. Sta cominciando a relazionarsi anche in italiano. Lo capisce benissimo, ma non si sente ancora sicuro nel parlarlo (presto comunque succederà). Con i Friedkin si relaziona in inglese, lingua che parla bene.
Le cose da fare non gli mancano. Sta lavorando per una completa ristrutturazione della direzione sportiva. Sta affontando le problematiche relative a diversi rinnovi contrattuali. E sta pensando al prossimo mercato, sapendo che il budget che avrà a disposizione non sarà quello di un emiro e, pure, che potrebbe dover affrontare la questione allenatore.
Ha un grande rapporto con Fonseca, ma sa pure che la decisione per la panchina sarà presa dai Friedkin. Fa sorridere, per non dire di peggio, chi sostiene che avrebbe detto vade retro Allegri. Fosse davvero successo, sarebbe legittimo consigliargli di riprendere l’aereo per Lisbona. Preferirebbe che in queste settimane la questione tecnico fosse lasciata da parte. Ci sono dieci partite di campionato e un’affascinante avventura in Europa League da affrontare. Gradirebbe, giustamente, che ci si concentrasse sul presente. (…)
FONTE: Il Romanista – P. Torri