Il sempre pacato Mauro Baldissoni non cambia tono di voce neanche quando da testimone davanti ai giudici che processano Luca Parnasi e Luca Lanzalone, si leva qualche sassolino dalle già comode scarpe di responsabile per la Roma del progetto stadio, che ha portato avanti invano in prima persona fino allo stop definitivo di qualche settimana fa.
“Avevamo l’ok della giunta Alemanno sull’individuazione dell’area più adatta, avevamo il via libera della conferenza dei servizi sul progetto di opere e cubature definito con Ignazio Marino, ma quando incontrai l’assessore Berdini mi sentii chiedere a proposito dei necessari bilanciamenti tra opere pubbliche e cubature: ‘E non potete fare soltanto lo stadio?‘. Gli risposi: ‘Magari’, ma capii che preferiva rilasciare interviste, una o due al giorno, anziché confrontarsi nel merito, carte alle mano. Noi siamo stati gentili a non rispondere mai sui media alle sue parole, diciamo che la sua opinione era irrilevante rispetto a quanto stabilito nei documenti ufficiali, ma credo che da assessore in carica il luogo adatto per parlare era la conferenza dei servizi, non i giornali”.
Baldissoni parla anche più nello specifico del ruolo di Lanzalone, arrivato da Genova via Livorno con l’investitura del gotha grillino nazionale, e poi finito in manette dopo aver imposto il cambio di linea politica sul progetto. “C’era una situazione di stallo per le modifiche che il Comune voleva apportare, mi fu indicato Lanzalone come esperto e consulente del Campidoglio. Poi andò in Acea e nessuno ci disse di non fare più riferimento a lui. L’ho visto l’ultima volta a maggio 2018 (l’arresto è di giugno, ndr)”.
FONTE: Il Corriere della Sera