La saga della Superlega non è finita con la ritirata ufficiale di 8 dei 12 club ribelli. Real Madrid, Juventus, Barcellona e Milan non l’hanno ancora comunicata formalmente all’Uefa, il cui presidente, Aleksander Ceferin, ha dichiarato all’Ap che rischiano l’esclusione dalla prossima Champions: “Dovranno decidere se sono club europei o della Superlega: in questo caso potranno giocare solo il loro torneo privato”.
Sventato il golpe, Ceferin ha per ora dato il via libera a Real-Chelsea di martedì. Ma niente sarà più come prima. È scoccata l’ora degli avvocati, dell’ipotesi di punire i protagonisti della secessione e dei paracadute giuridici per evitare che possa accadere ancora: la Figc vara un’apposita clausola preventiva.
Le riunioni tecniche che partiranno dovranno sciogliere parecchi nodi. Vanno puniti i dirigenti o le squadre? La sanzione deve essere sportiva o pecuniaria? Può essere impugnata ai tribunali nazionali fino all’estremo livello della Corte di giustizia europea? La penalizzazione nella classifica dei rispettivi campionati sarebbe congrua? E se sì, per la stagione in corso o più verosimilmente per la prossima? Il tema è delicato.
Il castigo andrebbe applicato a tutti i 12 secessionisti e i maggiori esperti di diritto sportivo interpellati rilevano che ogni punizione deve essere “ragionevole e proporzionata”. I ribelli, forti di una decisione del tribunale di Madrid, confidavano di essere tutelati dalla normativa Ue sulla libera concorrenza. Ma i club membri di un’associazione possono essere sanzionati se vanno contro il suo statuto: è il punto di partenza di Nyon.
In Italia, intanto, è già deciso: mai più una Superlega, almeno per i club di Serie A. La Figc introduce una clausola anti-scissione nel sistema delle licenze nazionali che verrà votato lunedì in consiglio. Per iscriversi al campionato, i club devono rinunciare espressamente alla fuga, pena l’esclusione. Una clausola simile, inserita nella trattativa con i fondi, l’ha fatta saltare: Juve, Inter e Milan avevano già altri programmi e non potevano certo accettarla.
FONTE: La Repubblica – E. Currò / M. Pinci