Venti anni oggi, l’ultimo scudetto della Roma è un’impresa che nessuno riesce a replicare, nella città dove vincere rappresenta l’eccezione. Quel 17 giugno del 2001 ce la fece, non senza brividi finali, una corazzata vera e propria costruita dal presidente Franco Sensi, per rispondere al tricolore laziale. Capello il freddo condottiero, Batistuta, Samuel ed Emerson i tre campioni affiancare a capitan Totti, a «pendolino» Cafu e a tutti gli altri.
In difesa c’era anche Antonio Carlos Zago, fra i protagonisti di una cavalcata straordinaria conclusa dentro un Olimpico che esplodeva di gente e di gioia per trascinare i giallorossi alla vittoria decisiva sul Parma. Al telefono dal Brasile, dove aspetta una nuova chiamata da allenatore dopo l’ultima esperienza in Giappone, Zago ci racconta ricordi ed emozioni di quell’annata magica.
Zago, le sembrano passati già vent’anni? «Mamma mia, il tempo sembra essere volato. Sono invecchiato un po’ (ride, ndc)… Noi giocatori ci teniamo in contatto, abbiamo un gruppo su Whatsapp e chi è a Roma sta organizzando un pranzo tra compagni per ricordare quella giornata indimenticabile».
Qual è il ricordo di quella stagione a cui è più legato? «È difficile sceglierne uno. Direi il rapporto che si era creato tra di noi all’interno dello spogliatoio. Eravamo un gruppo molto unito anche fuori dal campo. Andavamo spesso a cena tutti insieme soprattutto quando c’era da festeggiare il compleanno di qualcuno, stavamo bene insieme e questo si rifletteva anche in campo».
Quando avete capito che avreste davvero potuto vincere lo scudetto? «Dalla fine del girone d’andata. La stagione non era iniziata bene, c’era stata una contestazione dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia ma abbiamo reagito battendo il Bologna alla prima di campionato. Totti, Montella e Batistuta ci hanno trascinato ma era tutta la squadra a giocare bene».
L’arrivo di Batistuta fu un segnale inequivocabile delle ambizioni della società… «Importantissimo, così come l’acquisto di Emerson che purtroppo si fece male all’inizio del campionato. Batistuta portò qualcosa in più non soltanto alla squadra, dopo il suo arrivo c’era un’atmosfera diversa in città, tra la gente. Con la Fiorentina era già un campione, Franco Sensi fece uno sforzo gigantesco per fare quel regalo alla piazza. Batistuta sarebbe potuto andare ovunque in quegli anni, non era scontato che accettasse la Roma».
Che ricordo ha del presidente Sensi? «Sono molto legato a lui. Sono una persona che ama vivere un clima familiare e lui alla Roma mi ha fatto sentire come in una famiglia, era diverso dal calcio di adesso. Lui, la moglie e le figlie erano una presenza fissa a Trigoria. C’era un’atmosfera diversa rispetto agli altri club, eravamo una famiglia».
Il suo rapporto con Capello era altrettanto buono? «All’inizio del campionato 2000/01 c’era stato qualche problema tra noi due. Nel finale di stagione precedente avevo giocato poco e mi aveva tenuto in panchina anche durante le amichevoli negli Stati Uniti. Avevo ricevuto un’offerta per andare al Milan e stavo pensando di accettare, ma la Roma decise di bloccarmi. Iniziai ad allenarmi al massimo per farmi notare e un giorno qualcosa è cambiato. Il venerdì precedente all’esordio con il Bologna volevo farmi una sauna ma quando ho aperto la porta mi sono trovato davanti Capello».
Cosa le disse? «Siamo stati in silenzio per qualche minuto, poi mi chiese come stavo. Gli risposi: “Bene, basta che mi fai giocare”. Lui si alzò e prima di uscire disse: “Vediamo domenica”. Da quel momento il rapporto tornò come prima, non ci furono più problemi. Ho fatto un bel campionato».
Da ex difensore della Seleçao, che impressione ha di Ibenez? «È nel giro della nazionale olimpica. Non lo conoscevo bene quando era all’Atalanta ma l’ho visto spesso con la Roma. È un ragazzo che può ancora crescere tanto ma ha le caratteristiche giuste per diventare un gran difensore, l’ideale sarebbe affiancargli giocatori esperti che lo aiutino a completare il suo percorso di maturazione».
In questo giocherà un ruolo importante anche Mourinho. Cosa pensa della sua scelta di allenare la Roma? «Ovunque è andato ha ottenuto risultati ma ha sempre allenato squadre con grandi campioni, soprattutto ultimamente. Penso che con lui arriveranno anche nomi importanti, è sempre stato così in tutte le squadre dove è andato. La notizia del suo arrivo ha avuto un impatto mediatico incredibile, tutti i miei amici a Roma stanno aspettando di vederlo a lavoro. È una grande notizia per la Serie A, in Italia si sta alzando di nuovo l’asticella, in più sono tornati anche Allegri e Sarri».
Invece i suoi programmi per il futuro quali sono? «Sono stato in Giappone per due anni, adesso sto aspettando una squadra per ricominciare ad allenare. Non so dove andrò, il mio sogno è quello di allenare una squadra in Europa. Spero di togliermi questa soddisfazione un giorno».
FONTE: Il Tempo – E. Zotti