Nella rassegna del 2016 giallorosso non poteva mancare un momento tanto atteso dai tifosi giallorossi: il ritorno di Kevin Strootman…
Darcy Norman, Director of Performance AS Roma: “Kevin Strootman è un caso unico, visto quello che ha dovuto affrontare. Io penso che il suo calvario avrebbe frenato una persona diversa, ma proprio grazie a quella sua forza mentale, ben visibile anche sul campo, è stato capace di superare tutto e di prendersi cura del proprio corpo.
“Vi dirà che questi infortuni gli hanno insegnato a essere più “professionale” nel modo in cui si prende cura di se stesso adesso. Io credo che questi infortuni avrebbero davvero portato ad abbattersi una persona meno forte, ma Kevin ha avuto le capacità per affrontarli. È tutto merito suo”.
Alberto De Rossi, allenatore AS Roma Primavera: “Quando si allenava con noi, Strootman chiese con veemenza ai miei calciatori di farsi sentire sul campo, voleva il contatto: in una seduta di allenamento si mise a urlare e quello fu un momento che rimarrà sempre impresso nella mente dei miei calciatori. Un attestato di professionalità incredibile. Vorrei una cosa: vorrei che ogni tanto un professionista della Prima Squadra venisse ad allenarsi con noi, non solo dopo un infortunio, ma anche quando sta bene: sarebbe un momento di crescita incredibile. Sarebbe bello anche avere Spalletti per un allenamento, farebbe bene a tutti i ragazzi della rosa”.
Darcy Norman: “Il processo di recupero è come una squadra: ci sono giocatori in vari ruoli e tutti hanno una parte nel processo. Non si vince una partita senza uno di loro e le riabilitazioni non riescono solo grazie ad una persona. Si inizia con la giusta diagnosi dell’infortunio, poi se è necessaria l’operazione, ci vuole un chirurgo d’eccellenza per eseguirla bene, e, in seguito, i fisioterapisti hanno il compito di fare tutto quel lavoro invisibile di recupero dei tessuti molli. Dopo questo, viene il lavoro atletico che li riporta in campo. Proprio come nel calcio ci sono elementi tattici e tecnici per tutto. Ci si chiede costantemente “cosa possiamo fare per aiutare di più questa persona?”. Naturalmente c’è anche l’aspetto mentale. Alcune persone, come Kevin, è necessario trattenerle, ma altre vanno decisamente spronate a fare di più o motivate fissando obiettivi, date e un percorso di recupero.
“È un processo come altri e abbiamo un grande team che segue la squadra e lavora al meglio per assicurare che i giocatori si riprendano al più presto possibile. Ogni recupero è uguale, ma allo stesso tempo diverso. Nel calcio hai due terzini destri, ma non sono la stessa cosa, hanno la stessa posizione, ma giocano in maniera leggermente diversa. Ancora una volta, lo stesso vale per gli infortuni: si può trattare dello stesso infortunio, ma il processo di recupero agisce in maniera differente sui giocatori in base a molte variabili, dal lavoro sul tessuto alla tolleranza al dolore e al tipo di fisico.
“Se un giocatore è notoriamente più forte di un altro, allora il processo può avanzare più rapidamente. Tutto questo deve essere tenuto in conto, ma da un punto di vista procedurale facciamo sempre in modo che i giocatori raggiungano determinati requisiti prima di farli avanzare allo step successivo, sia che si tratti di corsa o di cambi di direzione. Questo ci permette di continuare a perfezionare il nostro sistema e di trovare modi sempre più efficaci di accorciare il processo.
“Ci proponiamo di rendere la riabilitazione così difficile che a confronto la partita sembra semplice. Vogliamo che i giocatori siano pronti a ogni circostanza. Vogliamo che siano preparati al peggiore scenario possibile. Abbiamo persone che dicono: “Wow, questo è nettamente più complicato del lavoro che la squadra sta facendo” e noi gli rispondiamo che se riescono a resistere a questo possono resistere a tutto. Naturalmente ci sono circostanze che non si possono ricreare prima del ritorno in campo – tackle, contatti – ma queste variabili esistono sempre, non bisogna dimenticare in primo luogo che questi ragazzi si infortunano nonostante un corpo in forma ottimale”.
Jim Pallotta, Presidente AS Roma: “Abbiamo inserito alcune persone nell’area performance e abbiamo mantenuto alcune delle nostre persone. Abbiamo fatto dei cambiamenti nello staff medico, ma la cosa più interessante è successa nella prima settimana, quando tutti sono stati fuori sede per qualche giorno e hanno pranzato insieme. Darcy ed Eddie (Lippe) hanno chiesto il loro parere su tutto e mi ricordo che uno dei membri dello staff ha detto ‘è davvero un grande giorno’, al che Ed ha chiesto ‘In che senso?’ e lui ha replicato ‘Nessuno ci aveva mai chiesto la nostra opinione ‘.
“Questo è quello a cui ambiamo – se assumiamo queste persone brave è perché vogliamo il loro parere. Avere persone per annuire o persone senza un parere nel loro ambito è poco intelligente. Penso sia evidente che alcuni giocatori, come Rudiger, Nura, Rui e altri, stiano recuperando rapidamente e allo stesso tempo stiano rinforzando la massa muscolare per rientrare in forma. Molti club europei ci hanno chiesto informazioni sul nostro modus operandi e sul dove questo avviene e noi siamo intenzionati ad aiutare le altre squadre perché parliamo di persone. Non abbiamo intenzione di mantenere segreti su aspetti come questi”.
Darcy Norman: “Il rientro in prima squadra è stata una corsa ad ostacoli per Kevin – per nessuna persona normale non lo sarebbe stato. È un motivo d’orgoglio per lui il fatto che abbia fatto sembrare tutto semplice. Una cosa che diciamo durante la riabilitazione è che è come essere sul ciglio del Grand Canyon: vuoi avvicinarti al massimo per avere la vista migliore, ma non vuoi di certo sporgerti troppo rischiando di cadere.
“C’è un libro che si chiama ‘The Obstacle is the Way’, scritto da Ryan Holiday, che in buona sostanza esorta a scontrarsi con gli ostacoli in maniera frontale, perché si può sempre imparare qualcosa da questi. Questa è stata senza dubbio una delle cose che abbiamo rimarcato con Kevin. Sapevamo che era un qualcosa di difficile da affrontare, ma abbiamo rimarcato che ne sarebbe uscito più forte e che questo gli avrebbe dato delle capacità che, pur non sapendo ancora quando, magari l’avrebbero anche aiutato”.
Lorenzo Grossi, calciatore AS Roma Primavera: “Nella partita che Strootman ha giocato con noi a febbraio contro l’Avellino, io non sono sceso in campo. Ma in allenamento mi ha colpito molto il suo atteggiamento. Quando capitava di andare a fare un contrasto, noi della Primavera non andavamo forte per paura di fargli male. Lui ci guardava e ci diceva “Devi entrare forte, duro!”. Un grande professionista”.
Kevin Strootman: “Li ringrazierò sempre i ragazzi della Primavera, anche loro mi hanno aiutato molto in un periodo non semplice. Era difficile per me, dopo tre interventi, tornare in campo. Ti mancano tante cose: la forma fisica, la fiducia. I giovani della Primavera mi hanno supportato. Quando mi allenavo con loro nessuno voleva entrare su di me, erano sempre a distanza di due metri, allora ho anche parlato con De Rossi e con i ragazzi e ho detto loro “se non entrate non tornerò mai in campo!”.
Darcy Norman: “Quando siamo arrivati, quello di Kevin era il primo grande infortunio al quale abbiamo dovuto far fronte come staff. Lui ha fatto dei progressi, si è comportato bene, ha lavorato sodo, è ritornato in squadra ed è diventato un esempio per i compagni nella stessa situazione. Tutti hanno visto cosa ha dovuto affrontare, per cosa è dovuto passare e il modo in cui ne è venuto fuori. Da quel momento in poi gli altri hanno detto tutti: “Ok, farò come Kevin: ci darò dentro, lavorerò duro e rientrerò”.
Lorenzo Grossi: Ho avuto modo anche di scambiare due parole con lui, alla mia seconda convocazione in Serie A in occasione nella vittoria per 3-1 in casa del Sassuolo. Già tornare al Mapei Stadium dove pochi mesi prima avevo vinto una finale Scudetto con la Primavera era da brividi. Per me era un sogno essere con la Prima Squadra, anche rimanendo solo in panchina: un desiderio che ho avuto sin da bambino”.
“Al ritorno mi è capitato il posto sull’aereo vicino a Strootman. È una persona fantastica, umile e disponibile ad aiutare noi giovani, poi vederlo segnare al Derby e portare in vantaggio la Roma è stato un momento fantastico”.
Kevin Strootman: “In allenamento sbagliavo tante cose, ho pensato che frose non sarei mai tornato in prima squadra, ma loro sono stati bravi ad aiutarmi e a fammi tornare ai miei livelli. È un gran gruppo, che lavora bene: ascoltano sempre, si impegnano tanto e alla fine sono stati premiati con lo Scudetto e con la Supercoppa. Secondo me tanti giocatori della Primavera riusciranno ad andare in Serie A”.
Darcy Norman: “Uno come Mario Rui, guardando Rüdiger, che dopo appena due mesi è ritornato a correre, pensa “quello sono io! Seguirò lo stesso cammino”, acquista fiducia, diventa più ottimista. Sono tutti ragazzi che vogliono dare il massimo. Florenzi vuole sapere a che punto erano gli altri nelle varie date in modo da potere fare meglio di loro. Questo crea un approccio familiare per loro: si creano degli step e degli obiettivi e in base a questo fanno il possibile per poterli raggiungere. Per quanto sia dura, la sofferenza unisce le persone. Se si attraversano certi momenti insieme, si costruisce una specie di tacito legame. Questo non può che cementare ulteriormente il gruppo”.
Lorenzo Grossi: “Con Mario Rui ho avuto modo di parlare prima della partita del campionato Primvera nel suo rientro. Abbiamo giocato in casa contro il Bologna e facevamo entrambi parte della linea difensiva. Anche lui è una persona umile e tranquilla. In allenamento scherzava molto con noi”.
Darcy Norman: “Lo staff tecnico è encomiabile da questo punto di vista: ci dicono sempre ‘lo riprendiamo solo quando per voi è pronto ’. Se gli diciamo che per noi un giocatore non è ancora pronto, loro lo accettano. Penso che questo sia uno dei benefici di avere un buon allenatore con un sistema di gioco solido che quando un giocatore è fuori, ne trova un altro per quel ruolo. Magari hanno caratteristiche diverse, ma entrambi conoscono i loro compiti.
“Se l’allenatore non ha un sistema di gioco di base, dove i giocatori sono in qualche modo intercambiabili, c’è il rischio che si tiri la corda con alcuni giocatori, forzandoli al rientro perché si ha bisogno disperatamente di loro, e che la corda poi si spezzi. Quindi va dato merito allo staff tecnico del fatto che quando hai un buon sistema di gioco, ti alleni con un buon sistema e di conseguenza gli infortuni dei singoli diventano meno importanti e il processo di recupero può essere fatto senza particolari pressioni esterne”.
Jim Pallotta: “Purtroppo, abbiamo avuto sfortuna con tutti questi infortuni alle ginocchia e alle caviglie, ma una cosa positiva è che stiamo recuperando gli infortunati e che questi saranno pronti a giocare molto prima del previsto. Il recupero è stato veloce. Va comunque detto che non ci stiamo precipitando nel mettere persone non ancora pronte in campo. Una delle cose che ho detto fin dall’inizio e continuo a dire a questi ragazzi è che non mi prenderò il rischio di far fare male qualcuno dei giocatori.
“Non c’è la benché minima possibilità che questo succeda. Loro devono essere pronti, ed è necessario dire agli allenatori quando non lo sono ancora. Quindi in un certo senso spingiamo i ragazzi a dare il massimo fisicamente per ritornare in forma, ma allo stesso tempo non li mettiamo in campo finché non sono al 100% pronti”.