Leonardo Spinazzola è stato ospite nel programma di Pierluigi Diaco su RAI 2, “Ti sento”. Una lunga intervista durata un’ora che ha letteralmente messo a nudo tutte le sfaccettature del campione giallorosso:
Questa timidezza davanti alle telecamere è anomala per un personaggio come te, esposto mediaticamente moltissimo. Ci stai comodo nella tua timidezza? “Sì, mi piacerebbe essere più sotto traccia. Vorrei andare in giro tranquillo, mi vergogno quando mi vengono a chiedere le foto e tutti mi guardano. Ogni volta che faccio un’intervista non mi riguardo mai”.
Da cosa deriva? “Dal mio carattere, forse, non so.”
Come sei messo con il disegno? “Malissimo, scrittura anche malissimo”.
L’ingrediente che ha fatto della Nazionale una squadra è il rapporto tra di voi… “Verissimo, è stata la cosa più bella”.
Come si fa comunità con gli altri giocatori? “Tutti devono conoscere il proprio ruolo, non devono avere l’idea di essere protagonisti più di altri. Tutti alla pari. Questa è una cosa importante”.
In tutti i gruppi di lavoro si maturano simpatie, antipatie… “Il mister ha tanto merito, insieme al suo staff. Ci ha trattato nella stessa maniera”.
Come ti chiamava? “Leo, Spina, variava”
I tuoi compagni? “Spina”
Ti piace? “Meglio di Spinazzola, lo odio. Non mi piacere chiamare la gente che conosco per cognome, sembra un tenere un distacco. Spina va bene, Leo mi fa felice”.
In Nazionale con chi sei entrato più in empatia? “Con Bryan Cristante e Mancio (Gianluca Mancini, ndr), Toloi e in questi 50 giorni ho stretto tanto con Locatelli, Berardi e Jorginho. Passi delle emozioni e ti vuoi bene per tutta la vita. Il giorno dopo la finale nessuno voleva andare via, anche con l’infortunio ho provato emozioni incredibili. Sono stato fino alla partita col Belgio in un’altra dimensione, volavo e mi sentivo fortissimo, mi sento così ancora di più oggi. Dopo la semifinale, la finale in casa loro abbiamo fatto un pezzo di storia”.
Con papà Raffaele quale cosa hai in comune e quale opposta… “Con mio papà ho in comune la bontà e l’equilibrio. L’equilibrio non si insegna, si trova. Dalle batoste, dai pali in faccia, dagli infortuni e da piccole esperienze ho maturato questo”.
Come si trova l’equilibrio? “Dalle batoste, dai muri in faccia, dagli infortuni, dalle piccole esperienze”.
L’esperienza maturata nel calcio ti è stata utile nei rapporti interpersonali? “Sì, sapendo che viviamo in mondi diversi. Non sanno alcune situazioni, cosa che io e mia moglie sappiamo di più. Nel calcio, sono partito molto presto, sono dovuto crescere molto prima”.
Sui videogiochi.. “Avevo 3-4 anni quando giocavo con mia madre a super Mario, per esempio”
Che mamma è e che mamma è stata? “Solare come me, mi rivedo in lei, sempre presente, tosta, una con gli attributi, una donna”.
L’amore dei tuoi genitori che modello è stato per te? Questo è applicabile con tua moglie? “Me lo ritrovo. Siamo famiglia anche con le mie sorelle, forse anche troppo. Siamo affiatati e noi siamo uguali con i nostri figli. Andiamo al parco insieme, quando posso vado a vederlo al campetto giocare. Vorrei amare i miei figli come sono stato amato dai miei genitori”.
Ti è capitato di deludere i tuoi genitori? “Magari a scuola. Andava malissimo, alle medie male perché rispondevo male e meno male che sono andato via…Era l’età. Mi sono sempre comportato bene ma ero un pochino presuntuoso. Rispondevo anche ai mister, meno male che sono andato via e mi hanno dato regole. Prima si cresceva al parco e giocavo sempre con i più grandi e usavo qualche parolina che sentivo dai più grandi”.
Sei contento della persona che sei diventato? La parte di te che non supporti? “Sì, molto. Ho trovato un equilibrio e sto bene con me stesso”.
Però è dipeso anche dalla presenza di tua moglie Miriam e dei tuoi figli. “Senza dubbio”.
L’infanzia? “Tutti i bambini erano al parco, giocavamo a nascondino o facevamo tornei di calcio o alla tedesca. Ecco magari dalle 10 alle 13 giocavamo alla tedesca e poi ritornavamo alle 4 e facevamo tornei calcio. Puoi studiare quanto ti pare, ma un altro è la pratica. Serve studiare, è importante nel parlare con un’altra persona. L’esperienza è molto”.
Parlando del libro ‘Buongiorno, campioni’, i proventi andranno in beneficenza… “Sì, ho avuto la fortuna di visitare il Bambin Gesù e il primo pensiero è andato a loro, andrà tutto all’ospedale”.
Equilibrio… “È la mia parola di adesso. Tutti i giorni devo esserlo, ho avuto la fortuna di aver trovato il mio equilibrio interiore a 26 anni, sono rinato”.
Ti sei fatto aiutare per fare questo percorso? “No, ho fatto da solo e basta. A gennaio di due anni fa dovevo andare all’Inter. Ringrazierò sempre quei tre giorni a Milano”.
Cosa è successo dentro di te in quei giorni? “Mi hanno ferito”.
In gioventù per motivi personali ti è capitato di avere delle ferite profonde? “Ferite profonde no. Mi prendevano un po’ in giro perché mi dicevano ‘castoro’ per i denti, sì è stato un complesso. Ero piccolo, avevo 12 anni e fino ai 14 in convitto mi prendevano in giro dicendo ‘papà castoro’. Mi arrabbiavo”.
Cosa ti senti di dire a chi vive questo tipo di bullismo? “Che sono migliori di loro, senza dubbio. Chi parla tanto degli altri non è sicuro di se stesso”.
Quanto ti guardi allo specchio cosa ti dici? “Sono sicuro di me stesso, sono un bravo ragazzo”.
E cosa significa essere un bravo ragazzo? “Avere rispetto, essere educato: sono questi i concetti che ti rendono tale. Ed è quello che voglio insegnare a mio figlio”.
Tua moglie Miriam? “Lei era entrata nel nostro gruppo di amici, la prima volta che l’ho vista ho pensato a quanto fosse bella. Lei faceva la sostenuta, le dicevano di non fidarsi. Poi c’è stata in una sagra vicino Foligno in cui abbiamo ballato in gruppo. Sono andato in ritiro, poi lei mi ha cercato. Miriam per me è la mia migliore amica, mia moglie, la ia fidanzata e amante, è tutto. Basta che sto con lei, con i miei figli e il cane. Sono molto affettuoso”.
C’è una critica che ti ha fatto? “Che sono troppo buono. È difficilissimo cambiare. Mi voglio anche fidare, ma non voglio rotture. Tolgo quella persona e si va avanti”.
Ti aspettavi il saluto del presidente Mattarella nel giorno dopo la finale dell’Europeo? “No, non mi aspettavo niente. Dentro morivo dal ridere. Penso da dove sono arrivato, nel bene e nel male di quello che ho fatto in campo. Questo infortunio nel momento meno opportuno. Mi è dispiaciuto molto, stavo giocando un torneo incredibile alla grande. Non me l’aspettavo, stavo da Dio, volavo e mi sentivo volare in campo”.
Quando rientri? Puoi anticipare qualcosa? “Io ho detto che a fine novembre rientro in gruppo, che non significa giocare una partita ma significa respirare la squadra. È una scaletta mentale, il mio equilibrio. Tutti i giorni punto quel giorno. Non so se sarà così, me lo auguro perché significa che va tutto alla grande, che tra un tot corro, prendo la palla e scatto. Ho doti per cui devo allenarmi tanto”.
Ora il giornalista alla fine dell’intervista gli fa una sorpresa come quella di fargli arrivare un video messaggio dal CT Roberto Mancini: “Ciao Spina, come stai? Tutto bene? Mi raccomando, ti aspettiamo presto che abbiamo bisogno di te. Hai un gran fisico, recupera in fretta. Un bacio, ciao Spina”…
Quanto ti vuole bene? “Penso che mi voglia tanto bene. Mi stuzzicava sempre: non fare questo o questo. È un bene, quando uno ti sta sempre addosso significa che prova qualcosa. Me lo ha fatto sempre capire, anche prima dell’Europeo. Mi sono sempre sentito parte di quella squadra e ho sempre sentito la sua stima nei miei confronti”.
FONTE: RAI 2 – Ti sento di Pierluigi Diaco