Il derby può estendersi per mesi, da una partita all’altra, può diventare sentimento diffuso e incontrollabile, qualcosa che incrocia amore e rabbia, tensione nervosa. Il derby ti fa essere sgarbato senza volere, ti fa preoccupare così tanto in anticipo che alla fine dici: “E se non esistesse? Non sarebbe meglio“. C’è questo nel pensiero di alcuni tifosi, specie i più accesi, i più fragili: temono che il derby alla fine gli rovini la vita e dunque sarebbe una benedizione cancellarlo dai calendari.
Troppa sofferenza prima, durante, dopo. Ma chi me lo fa fare. Questo in particolare, di derby, cala dall’alto in una città dai cassonetti maleodoranti ad appena una settimana dalle elezioni comunali. Una città di sconvolgente bellezza, sempre quella, anche se vagamente triste, anche se i colori appaiono come aggrediti da un turbamento collettivo, un misto di disagio e paura, forse perché siamo tutti ancora un po’ così, ancora appesi a una pandemia che non sappiamo se in dirittura d’arrivo o meno.
Una città spezzata ma anche spazzata dalla passione per il calcio, incancellabile stato d’animo con cui si nasce, cosa vuoi farci. Una città e un derby che finalmente ritroveranno lo stadio, anche se non al massimo della capienza, ritroveranno cori, coreografie, contrapposizioni essenziali, ma non è detto che ritroveranno punti (dipende da dove si vede la questione e da come andrà a finire).
La Roma di Mourinho è avanti per classifica ed equilibrio. La Lazio di Sarri fatica a trovare un’identità dopo che per anni l’identità era stato il vanto della Lazio di Inzaghi. Certo i due allenatori non immaginavano che un giorno si sarebbero ritrovati a Roma su panchine opposte. Nessuno pensava a Mourinho, nessuno pensava a Sarri, prima di quest’estate. Forse nemmeno loro mettevano in conto di scontrarsi all’Olimpico. Che non è una cosa semplice per nessuno. C’è il peso di due tradizioni ingombranti, c’è la storia che parla, parla, parla. E a volte non l’ascoltiamo. L’importante è che sia un derby vero, forte, sincero, onesto. Che sia una domenica della buona gente. E al diavolo i cattivi di cuore.
FONTE: La Repubblica – E. Sisti