C’era un tempo in cui le squadre di serie A all’ultimo giorno di mercato offrivano sei mesi di contratto al minimo sindacale a giocatori africani o asiatici, che dopo un passaggio in Primavera o in C erano finiti all’estero per l’assurda regola per cui il posto di extracomunitario andava occupato per non perderlo: a volte veniva loro fatto sapere che non c’era neppure bisogno di presentarsi al centro sportivo, altre volte si provava ad aggregarli alla Primavera, magari come fuoriquota. Lo fece la Roma, nel gennaio del 2010, quando prese dal Bellinzona uno dello Sri Lanka, Panushanth Kuhlentiran, ex riserva delle giovanili del Palermo, e dopo 2 spezzoni in 6 mesi con Alberto De Rossi lo salutò calorosamente, per prendere la figurina in sovrappeso di Adriano
Quando il primo febbraio scorso, alla chiusura della sessione di riparazione, si sparse la voce che a Trigoria (dove di punte per le giovanili ne avevano già parecchie) era in arrivo un attaccante ghanese di cui non vi era traccia su internet – cosa ormai ben rara – molti pensarono che fosse un modo per tenere occupata la seconda casella da extracomunitario (una se l’era appena presa Reynolds) per liberarla in estate. Non era così: Felix Afena-Gyan era emerso (insieme allo svedese Tahirovic, pure lui tesserato quel giorno) nella lunga fila di stranieri che possono raccontare un provino a Trigoria: aveva fatto molto bene in un’amichevole con la prima squadra, mettendo in difficoltà un marinaio di lungo corso come Smalling, e Morgan De Sanctis si era convinto che valesse la pena puntare su di lui.
Ma ci volle parecchio per capire come stavano realmente le cose, perché il ragazzo sparì dai radar per settimane: il tesseramento di un extracomunitario che viene dall’Africa non è operazione che si risolve in pochi giorni (sarebbe stato impossibile se Felix, nato a Sunyani, più vicino al confine con la Costa d’Avorio che ad Accra, dove giocava con l’EurAfrica, non avesse compiuto 18 anni pochi giorni prima della firma), e il transfer arrivò solamente il 13 marzo, quando la Roma twittò la sua foto con la maglia in mano, nominandolo per la prima volta, per dargli il benvenuto.
Quattro anni e mezzo di contratto, il massimo consentito, e un posto nell’albergo usato come convitto, a due passi da Trigoria. Era un sabato: domenica mattina, 14 marzo, esordì con l’U18, che battè 5-0 il Genoa (segnatevi questo risultato). Si procurò un rigore e lo segnò: il giorno dopo lo fece debuttare anche la Primavera, che giocava di lunedì, col Bologna. Per un breve periodo se lo contesero Aniello Parisi e Alberto De Rossi: giocò in U18 dal 14 marzo al primo aprile, 5 partite e 3 gol, poi solamente Primavera, con cui concluse la stagione il 22 giugno, eliminato nei playoff dall’Atalanta (a cui aveva già segnato in regular season).
L’avrebbe ritrovata oggi alle 15, ma De Rossi ieri mattina è partito senza di lui, che resterà coi grandi. La sua rivincita se l’era già presa, tre giorni dopo: quando la Primavera tornò a casa, lui tornò in U18, che aveva una semifinale scudetto proprio coi bergamaschi, il 25 giugno. Sono sempre scontri al vertice tra Roma e Atalanta, di solito equilibrati: quel giorno finì 6-0, e Felix ne fece due, primo e quarto. La Roma sembrava avere lo scudetto in tasca, si squagliò contro quello stesso Genoa che ne aveva presi 5 alla prima recita in giallorosso del ghanese.
Quel giorno aveva segnato un rigore dopo 16′, sullo 0-0, dando il via alla goleada, in finale se ne fece parare uno dopo 11′: la squadra accusò il colpo, andò sotto poco dopo, e buttò via uno scudetto che aveva in tasca. Dopo quella gara, la peggiore in giallorosso, tornò in campo a fine agosto, con De Rossi: Mourinho non lo portò in ritiro, era ancora uno dei tanti, con tanto da dimostrare.
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FONTE: Il Romanista – F. Oddi