L’idea era ristrutturare ma l’architetto ha detto che si deve buttare giù tutto e ricostruire dalle fondamenta. Il problema è capire quanto verrà a costare, perché il budget a disposizione è quello che è. Non si parla del nuovo stadio della Roma, ma proprio della Roma. Le parole di José Mourinho dopo la sconfitta di Venezia — la quinta in campionato, con discesa dal quarto al sesto posto — sono volate come pietre: “Avere come obiettivo il quarto posto, per il quale lotteremo, non significa avere una squadra da quarto posto. Abbiamo fatto un mercato ‘di reazione’ dopo la partenza di Dzeko e l’infortunio di Spinazzola, ma la squadra non è più forte di quella che l’anno scorso è arrivata settima. Può essere un anno di costruzione e di dolore“.
Lo Special One è saldissimo al comando della Roma, forte del contratto, dell’esposizione mediatica che ha regalato ai Friedkin, della passione dei tifosi che sono tornati a riempire l’Olimpico e del passato vincente. Ha ripetuto che l’accordo con la Roma è triennale e bisogna avere tempo e pazienza. La media punti è sconsolante: con 1,583 è per ora la più bassa tra gli ultimi sette allenatori giallorossi. Il tempo per recuperare non manca ma la pazienza è già stata persa.
Non si è sentito quasi mai un allenatore che ha criticato così tanto la sua rosa. I Friedkin e il d.g. Tiago Pinto abbozzano. Mou si aspetta tre acquisiti “pesanti” al mercato di riparazione ma i soldi devono venire soprattutto dalle cessioni. Peccato che gli esuberi, non giocando mai, abbiano perso valore. Gli scontenti non mancano. Ci sono i fuori rosa come Fazio e Santon (c’era anche Pedro che adesso fa meraviglie alla Lazio): sono pagati per lavorare a parte, mentre Mou rimpiange le partenze degli “esperti” Juan Jesus e Bruno Peres.
Ci sono i puniti Diawara, Borja Mayoral, Villar, Kumbulla (lo vorrebbe Juric al Torino, in prestito a gennaio) e quel Reynolds preso dai Friedkin anche in virtù della provenienza texana. Mkhitaryan aveva litigato con Mou al Man United, ora non va molto meglio: a gennaio, se non cambiano le cose, può chiedere di andare altrove. A Venezia è rimasto in panca con la squadra sotto 2-3: è andato in campo il baby Zalewski. Veretout e Zaniolo vorrebbero giocare con meno vincoli difensivi: il francese aveva segnato 3 gol nelle prime due di campionato, poi solo il rigore inutile contro la Lazio; Nicolò ne ha segnato uno, il 26 agosto, in Conference contro il Trabzonspor. Poi stop. Non lo consola sapere che nell’Inter del triplete Eto’o faceva anche il terzino.
La guerra con i fischietti è aperta. La Roma ha ragione di lamentarsi, ma il modo plateale dello Special One non è gradito dai vertici arbitrali: alza la temperatura nello stadio a livelli di guardia. Non c’è una figura che tenga ad alto livello la comunicazione con il Palazzo, compreso il presidente della Figc, Gravina. L’internazionalità è una bella cosa, ma uno zoccolo duro italiano fa la fortuna di tutti i club. Il Milan ha Maldini, la Roma i fantasmi di Totti e De Rossi.
FONTE: Il Corriere della Sera – L. Valdiserri