La Roma è settima, ma la colpa non è sua. Almeno a sentire le analisi che i vertici di Trigoria fanno della situazione. Pare quasi di rivivere l’epopea romana dei Cinque Stelle: “È colpa di chi c’era prima“. Più che Mourinho, sempre molto focalizzato sul presente e sul come migliorare la squadra, il maggior interprete della nuova cancel culture romanista è il general manager Tiago Pinto. La nuova politica ha partorito l’arrivo di una stella come Abraham, di buoni innesti come Rui Patricio e Viña. Ma anche di Reynolds, bocciato in via definitiva dopo un anno in cui ha mostrato limiti tecnici insuperabili, e i quasi 18 milioni per Shomurodov – messo pubblicamente all’indice da Mourinho come responsabile del 3-3 della Juventus.
Ma qual era la “situazione sportiva da cambiare” trovata da Tiago Pinto a Trigoria? Il 4 gennaio del 2021, quando ha messo piede a Roma per prendere il timone della dirigenza sportiva, la squadra aveva vinto facilmente il girone di Europa League ed era quarta in campionato a 7 punti dal Milan capolista: due giorni dopo avrebbe ridotto la distanza dalla vetta a soli 4 punti. Insomma, il piazzamento Champions era più di una possibilità: diciamo un obiettivo.
Un anno dopo la Roma è settima, la Champions meno di illusione, visto che lo stesso Mourinho bolla “da settimo posto” la sua squadra. Un’involuzione passata per la spesa di 97 milioni di euro sul mercato, incassandone dalle cessioni 22. Un saldo forse senza precedenti nella storia della Roma. Un saldo forse senza precedenti nella storia della Roma. Che però non ha prodotto miglioramenti apprezzabili, almeno nell’immediato.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci