I nodi sono venuti al pettine. Il disastro andato in scena contro la Juventus ha inevitabilmente portato a galla le principali problematiche della Roma di José Mourinho, che anche domenica scorsa ha messo in mostra tutti i limiti di una squadra che non sembra aver ancora trovato un’identità tale da pensare di poter impensierire le dirette concorrenti per un posto in Champions League. Dopo ventuno giornate di campionato la prima nota dolente che salta all’occhio è la classifica.
Il crollo della Fiorentina in casa del Torino ha consentito ai giallorossi di continuare ad occupare il settimo posto – con 32 punti come la Lazio e la Viola, che deve però recuperare una gara – ma a una giornata dall’inizio del girone di ritorno le sconfitte subite sono già 9. Un ruolino di marcia troppo striminzito per chi ambisce a tornare stabilmente tra le prime quattro. Fermo restando che in almeno tre occasioni la Roma ha dovuto subire decisioni quantomeno discutibili, quello degli arbitri non può più essere l’unico alibi alle grandi difficoltà incontrate finora.
A mancare sembra essere la scintilla, cioè l’esplosione di quell’«Effetto Mou» che in tanti si aspettavano dopo l’inizio della stagione. Anche se il livello della rosa si è rivelato più basso di quello che il portoghese si aspettava quando ha accettato la proposta della Roma – come ammesso dal tecnico domenica scorsa – la mano dello Special One non sembra essere ancora riuscita ad infondere la forza psicologica necessaria e la mentalità di gruppo che avevano caratterizzato quasi tutte le squadre allenate in passato da Mourinho.
Un problema acuito dalla qualità messa a disposizione dell’allenatore. Mourinho ha ammesso fin da subito di avere a disposizione una rosa «dicotomica», senza perdere occasione per sottolineare una differenza sostanziale tra il blocco titolare e le riserve, ma la sconfitta con i bianconeri ha catapultato al centro del ciclone anche qualche insospettabile. La frecciatina rivolta a Shomurodov – acquisto avallato durante il mercato estivo – è l’esempio più lampante, ma l’uzbeko non è stato l’unico giocatore ad aver deluso il tecnico.
A completare il quadro c’è l’umore dei Friedkin, furiosi per aver assistito alla clamorosa rimonta juventina. Dopo aver investito più di 300 milioni nella Roma (immettendo circa 15 milioni al mese nelle casse del club) e aver speso più di chiunque altro in Italia sul mercato, le aspettative dei texani erano sicuramente più rosee nonostante abbiamo scelto di sposare un progetto a medio-lungo termine.
Anche a gennaio il club ha dato l’ok agli arrivi – seppur in prestito – di Maitland-Niles e Sergio Oliveira (il centrocampista è sempre più vicino) confermando la ferma convinzione di voler migliorare la rosa, inseguendo la mission di riportare un trofeo a Trigoria. Un obiettivo ambizioso, che la priorità è convinta di poter raggiungere. Per riuscirci però il lavoro da fare sembra essere ancora parecchio.
FONTE: Il Tempo – E. Zotti