Finisce ai quarti la brevissima corsa della Roma in Coppa Italia, sbattuta fuori da un’Inter che si è confermata di un’altra categoria, stavolta non per la superiorità tattica, ma proprio per la capacità tecnica dei giocatori di Inzaghi di trarre il meglio da ogni situazione, si tratti di una parata decisiva, Handanovic sul tiro deviato di Oliveira, un’uscita sicura in palleggio a metà campo, un contrasto da non perdere, una deviazione in area su perfetto cross (Dzeko su assist di Perisic per il vantaggio iniziale) o un tiro folgorante all’incrocio dei pali per il 2-0 definitivo (Sanchez al 23′ st). Certo è che a vedere il livello delle due squadre si capisce quanta strada sia stata fatta dal club di Suning (artifici contabili a parte) e quante occasioni si siano perse invece dalle parti nostre nel travaso da una proprietà all’altra e senza un gruppo dirigente stabile.
Nella serata salviamo invece Mourinho, acclamatissimo dai suoi ex tifosi eppure lucido nel suo compito fino a mostrare una Roma per niente arrendevole: è che è proprio più debole e per recuperare ora i margini tecnici il lavoro da fare sarà lunghissimo mentre il primo titolo è già svanito. In semifinale contro la vincente di Milan-Lazio andrà l’Inter ed è giusto così.
Il portoghese (grandi cori per lui prima della partita e uno striscione) se l’è giocata senza tirar fuori conigli dal cilindro nella formazione iniziale, stavolta senza segreti. Difesa a tre titolare con Mancini, Smalling e Ibañez, Karsdorp e Viña esterni con Maitland-Niles tenuto in panchina, Veretout al fianco di Sergio Oliveira davanti alla difesa, col solito ruolo di Mkhitaryan mezzo trequartista e mezzo intermedio a cucire il palleggio con il motivatissimo Zaniolo e con Abraham, i due riferimenti offensivi a ballare tra i tre centrali interisti, D’Ambrosio preferito a De Vrij, con Skriniar al centro e Bastoni a sinistra.
Poco turn over anche per Inzaghi nonostante l’imminenza di altri impegni fondamentali (Napoli in campionato e Liverpool in Champions), con Darmian e Perisic esterni e Vidal inserito a dar vigore al centrocampo con Brozovic in regia e Barella altro incursore inesausto, e davanti Dzeko preferito a Lautaro al fianco di Sanchez. La sorpresa di Mourinho è stata la scelta di pressare decisamente più alta l’impostazione interista, con Mkhitaryan e non una punta a schermare Brozovic, con conseguenziale posizionamento assai più aggressivo di tutti i romanisti nell’accoppiamento.
Ma stavolta il tecnico, più coraggioso di quanto non fosse stato in campionato (quando tenne bassa la Roma e dopo il gol regalato su corner a Calhanoglu non fu più in grado di alzarsi e restò schiacciata praticamente per tutta la gara, in mancanza di un piano B), è stato tradito proprio dai giocatori, incerti e impauriti nel primo quarto d’ora come un gruppo di ragazzini lasciati soli di notte nelle strade di un quartiere malfamato e malfrequentato.
Clamorosi gli errori dei giocatori della Roma, a rendere plastico ciò che in classifica spiegano bene i punti: la differenza di qualità tra le due squadre soprattutto in fase di possesso palla è clamorosa. Ha cominciato Ibañez a sbagliare subito un lancio e a regalare a Perisic un preziosissimo pallone che, lavorato con la perfetta sponda di Sanchez, è diventato oro, ed è stato sfruttato fino in fondo dal croato con un cross teso e perfetto per Dzeko, bravo a deviare in porta di piatto al volo sul mezzo liscio di Smalling, smarrito e senza punti di riferimento in area.
Neanche due minuti e la Roma era già sotto, con lo stadio a esultare più del rispettoso Edin. Un’altra rifinitura ben studiata in allenamento tra Perisic e Sanchez ha aperto un’altra autostrada stavolta centrale a Barella al 6°, con l’azzurro che ci ha pensato un attimo e poi ha scoccato un destro ciclonico respinto dalla parte bassa della traversa a Rui Patricio battuto. L’inguardabile Ibañez ha abbattuto D’Ambrosio all’8° dopo aver lasciato il pallone su cui era arrivato in anticipo, un altro segno della scarsa concentrazione sua e di tutti gli altri: sulla punizione Skriniar è andato più alto di tutti, stavolta l’opposizione di Rui Patricio è stata persino agevole.
Al 10° ci ha provato ancora Dzeko e ha respinto ancora il portoghese. Il paradosso è che la Roma aveva provato ad aggredire alta e a far la voce grossa in casa dei più forti d’Italia, ma per tutta questa fase iniziale della gara sono mancati i tempi delle uscite e la concentrazione e per un po’ si è configurato il rischio della goleada. Poi, forse scaricata la tensione come quando aspetti un esame all’università e ti liberi quando capisci che peggio di così non avresti potuto cominciare, la Roma ha cominciato a prendere una forma più accettabile sul campo e la partita si è riequilibrata.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco