La terapia d’urto ha due risvolti: o la reazione immediata o la distruzione totale. Mourinho la usa nei casi estremi, è già successo ai tempi dell’Inter (ma non solo, è accaduto sempre, anche quando era allo United o al Tottenham) dopo una sconfitta inqualificabile a Bergamo contro l’Atalanta. Umiliare i giocatori per scatenare una reazione. All’Inter c’è stata, anche se qualcuno, via via, s’è perso. Nella Roma è successo lo stesso, anche se, di sfoghi di questo tipo, pur con toni più moderati, ci sono stati dopo le disfatte contro il Bodo (ce l’aveva con le riserve in particolare) in Conference e contro Milan e Juve in campionato.
Mourinho non ha fatto prigionieri, stavolta se l’è presa con tutti, dal capitano all’ultimo dei calciatori, quello che gioca di meno. Nessuno escluso. Messaggio lanciato all’interno e all’esterno: certi muscoli mostrati ai tifosi funzionano da scudo. La colpa data alla squadra a volte si ritorce contro e a qualcuno Mourinho è apparso come il grande allenatore tutto parole e pochi fatti (la squadra non ha un gioco riconoscibile). Lo assecondano. E la società è assente, perché Mourinho è il parafulmine di tutto, è lui che muove tutto, anche la comunicazione. E questo sfogo è un esempio, il più eclatante.
I giocatori sono molto infastiditi che lo sfogo sia finito sulle prime pagine dei giornali, si chiedono chi lo abbia fatto uscire dato che nella stanza assieme a Mourinho c’erano solo loro e i preparatori atletici. Inoltre, gli spogliatoi ospiti di San Siro si trovano a una considerevole distanza da quelli degli avversari o degli arbitri. La sensazione è che a Trigoria tutti stiano aspettando che la stagione finisca, per poi capire se Mourinho resterà o meno in panchina. Molti componenti della squadra, infatti, sono insoddisfatti sia della gestione del tecnico che di quella della società e sarebbero pronti a lasciare la barca in caso di offerte migliori.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni