Mourinho ha perso un po’ di serenità. Si capisce dalle prime battute della conferenza stampa della vigilia di Sassuolo-Roma, gara da vincere per tornare al sesto posto in condominio con la Lazio. Non gli è piaciuto l’approccio della gara con l’Inter in Coppa Italia, tantomeno le polemiche scatenate dal suo discorso alla squadra negli spogliatoi, né la piega che sta prendendo la stagione giallorossa.
Gli chiedono se sia deluso dal modo in cui la Roma è stata eliminata a San Siro e il portoghese va subito all’attacco: «Quale modo? Per 12 minuti abbiamo fatto una partita orribile, subendo un gol e ne potevamo prendere tre. Ma dopo abbiamo giocato molto bene – spiega – e la frustrazione deriva dal fatto che possiamo affrontare faccia a faccia la squadra più forte d’Italia. Meritavamo molto di più di quello che abbiamo ottenuto: avremmo potuto fare tre gol a San Siro».
E allora perché quella lavata di testa alla squadra, emersa il giorno dopo e non smentita ieri dal tecnico? «Non parlo di quello che ho detto. Però, non dico che non sia vero che abbia parlato nello spogliatoio anche se le cose devono rimanere lì dentro». Ma per Mourinho «quello che viene chiamato “sfogo”, per me è lavoro. È allenare. Non dovrei chiedere conto a Ibañez di quel passaggio? Non dovrei dire a Karsdorp che ha sbagliato su Perisic? A Mancini che non deve restare a metà strada o a Smalling che, giocando con tre difensori in area, deve seguire il movimento in area degli attaccanti? Non è lo spazio che fa il gol, è il giocatore».
L’ennesima critica pubblica ai suoi singoli, alla quale se ne aggiunge una indiretta che fa ancora più rumore se isolata dal contesto della domanda, nata da una considerazione di Dionisi. «Ha detto che c’è differenza tecnica tra noi e il Sassuolo? Non sono d’accordo. Io non posso costruire dal basso come fa lui con Maxime Lopez e Ferrari. Hanno una qualità tecnica superiore, sono bravissimi».
Spetta alla Roma dimostrare oggi di essere quantomeno all’altezza di un avversario insidioso, ma privo dei due migliori attaccanti (Scamacca e Raspadori sono squalificati) e indietro di dieci punti in classifica rispetto ai giallorossi. È davanti, però, che deve guardare Mourinho. E anche lui ammette: «Come squadra dobbiamo fare meglio. No, non sono contento e mi aspetto di più. Le ultime partite di campionato non saranno inutili, per me finire decimo o nono è diverso, quinto o sesto anche. E quando arriveremo alla Conference League, se vai a giocare a Rennes, a Marsiglia o a Leicester e inizi la partita con dieci minuti orribili o sbagli gli ultimi dieci, magari sei fuori».
Detto questo, Mourinho assicura che non esistono problemi tra lui e la squadra. «È una grande bugia che i giocatori si siano offesi per il mio discorso nello spogliatoio. Questa è la piazza romanista… I calciatori mi hanno detto che gli piace tanto come lavoro con loro e che in tutta la loro carriera hanno avuto allenatori che parlavano in modo totalmente diverso. Con me non ci sono segreti, io parlo in faccia e do a loro la possibilità di dialogare. Per questo, in merito alla storia di un problema tra me e i miei calciatori, avrei potuto usare qualche parola bruttissima utilizzata ai tempi dell’Inter, ma non voglio farlo. Non voglio ripeterle. Dodici anni sono tanti. Però sono bugie totali, ok?». Concetto ricevuto. Fino alla prossima polemica.
FONTE: Il Tempo – A. Austini